I mosaici vennero ultimati nell'anno del Giubileo con quel trionfale elogio dell'umano che è l'Incoronazione di Maria, sotto la quale, in asse, sta l'ascesa - nella braccia del Cristo - dell'animula della Vergine. A fianco di essa, a destra e a sinistra, i due gesti simmetrici della Vergine che offre il figlio in fasce all'adorazione dei Pastori e dei Re Magi. Fu il più maestoso ciclo musivo del tempo di Dante e, ancora oggi, chi contempli anche solo le immense volute floreali che circondano l'Incoronazione, non può non richiamare i versi di Dante: « Nel giallo della rosa sempiterna», «che così germoglia / in questa primavera sempiterna», che fanno del finale Paradiso un mirabile tessuto musivo in versi».
Dante infine poté aver notizia, se non proprio conoscenza, di un altro e più prossimo evento: della processione che nel giugno 1311 accompagnò e celebrò la collocazione dell'appena ultimata Maestà di Duccio sopra l'altar maggiore del Duomo di Siena. Quel capolavoro, ove Maria in trono e con il Figlio nelle braccia è venerata da quattro ordini di apostoli, martiri, angeli e santi, è sormontato da una cornice alla cui cuspide sta il Cristo che tiene tra le braccia una infante in candide vesti, le mani giunte oranti, i teneri riccioli dei capelli che incorniciano un viso di bimba: forse la più bella incarnazione di figlia di tuo figlio
Quella Vergine, « alta e umile più che creatura» che il Figlio incorona nell'abside di Santa Maria Maggiore, è il segno ultimo e primo della dignità umana, del nostro continuo essere-generati-per-l'eterno ( e non per la morte), quella incoronazione dell'umano che nella preghiera di San Bernardo raccoglieva la grandezza creaturale sopra di sé, al modo stesso che Virgilio l'avea fatto, per Dante, al sommo del Purgatorio: « per ch'io te sovra te corono e mitrio». (XXVII,142).
Dante, ultimo poeta d'Oriente e primo poeta dell'umanesimo d'Occidente.(Carlo Ossola)
Alla Maestà di Duccio si può ancora aggiungere, come prova di una tradizione iconografica diffusa, la tempera di Paolo Veneziano, in cui Cristo è raffigurato due volte, quando accoglie tra le braccia l'anima della Vergine, rappresentata come infante in fasce, e quando,in alto, la porta in cielo. Il polittico con la Morte della Vergine per la chiesa di San Lorenzo a Vicenza (ora nel Museo Civico della stessa città) risale al 1333 e presenta una forte influenza bizantina.
La scoperta e la lettura del prof. Carlo Ossola mostra, se ne fosse stato bisogno, che la comprensione della Divina Commedia passa anche attraverso la conoscenza dei monumenti d'arte che Dante Alighieri conosceva, primo fra tutti, il Battistero San Giovanni di Firenze.