Nella cultura greca arcaica si possono trovare almeno tre fonti letterarie in cui v'è un riferimento più o meno esplicito alla misura annuale dello spostamento retrogrado dei punti equinoziali e solstiziali.
Il primo è tratto da OMERO, Odissea, XII, 127-130:
All'isola Trinacria arriverai: là numerose
pascolano le vacche e le pingui greggi del sole,
sette armenti di vacche e sette belle greggi di pecore
di cinquanta bestie ciascuno.
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Il secondo dagli Inni omerici, IV Ad Ermes, vv. 209-211:
Fra quelli il figlio di Maia, (....)
separò dall'armento cinquanta vacche dal muggito profondo.
Quindi le spingeva attraverso il terreno sabbioso, con una strana andatura,
rovesciando le orme; (...)
e invertiva le tracce degli zoccoli: quelli anteriori dietro,
quelli posteriori davanti.
(....)
e chiunque fosse questo fanciullo, guidava le vacche dalle belle corna
(....)
le faceva procedere a ritroso, con le teste rivolte verso di lui.
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Gli storici dell'astronomia matematica non leggono Omero né gli Inni omerici, mentre i letterati e filologi non ritengono che la conoscenza della astronomia possa essere indispensabile per comprendere questi passi.
Nell'Inno ad Ermes è indubitabile l'indicazione del moto retrogrado dei punti equinoziali e solstiziali che si spostano di cinquanta secondi per anno. Per essere rigorosi si dovrebbe dire che se non si ammette che i passi in questione alludano, secondo le metafore e i simboli propri della cultura arcaica, al moto retrogrado della precessione, si condanna alla incomprensione tutta la documentazione storica della cultura arcaica.