Giza

LA PIRAMIDE DI CHEOPE

ASTROARCHEOLOGIA

Ipotesi di lettura


Il peplo di Iside

Sui "misteri" della piramide di Cheope e la "confluenza dei fiumi"

(Testo inviato all'egittologo prof. ROCCATI,Università della Sapienza, Roma)

Il fascino che l'antico Egitto con i suoi monumenti e con la sua scrittura esercita ed esercitò nei secoli è pressoché immutato e testimonia presso il grande pubblico non solo una curiosità tipica verso l'ignoto ma anche un rifugio nella memoria del passato.La grande mostra a Milano dedicata a Iside, alla grande dea dell'Egitto, viene incontro a questo desiderio di conoscenza nei modi però condivisi dalla ricerca scientifica. V'è poi l'egittofilia, accanto all'egittomania, dalla quale gli egittologi cercano in tutti i modi di distinguersi e pare che non vogliano in alcun modo dare soddisfazione a domande che non sorgono dal loro terreno di ricerca, ma da fantasie o intuizioni. L'argomento classico di questo interesse è quello dato dalle misure della grande piramide di Giza e dagli allineamenti a determinate stelle, a quella stella che indicava verso il 2600 a.C. il polo nord celeste e a quella centrale della cintura di Orione. Questa cintura è costituita da tre stelle che non sono perfettamente allineate, come non sono perfettamente allineate le tre piramidi di Giza. La più piccola si trova spostata rispetto alla diagonale delle altre due. L'analogia osservata fu quella esperienza che suggerì ad un ingegnere edile, R.Bauval, la risposta alla sensazione che gli venne spontanea, data la sua esperienza di topografo, quando fu colpito dalla fotografia aerea del sito: quella piramide di Menkaura o Micerino gli sembrò che "non fosse proprio dove doveva essere". Si dedicò da allora a comprovare una relazione stretta tra le tre piramidi e le tre stelle della cintura fino a riscoprire ciò che la tradizione ermetica antica diceva dell'Egitto: essere in terra l'immagine del cielo. Su indicazione dell'egittologo prof. A.Roccati fui sollecitato a valutare i dati e le ipotesi e le congetture che tanto hanno appassionato il pubblico di una nota trasmissione televisiva. Il libro recentemente tradotto in italiano si legge, in un certo senso, più come il romanzo della "sua scoperta" e come tale è anche simpaticamente divertente che una articolata argomentazione sul significato degli allineamenti alle stelle. Che la tradizione fin dall'antichità abbia sempre parlato di un'altissima sapienza egizia di carattere geometrico ed astronomico non può essere messo in dubbio, ma tale tradizione si scontra con la conoscenza che la decifrazione della scrittura e la ricerca archeologica oggi permettono di affermare sulla base delle poche fonti identificate. Se la scienza è la risposta ad una buona domanda, come ebbe a dire A.Einstein, si può già vedere che il disallineamento di una piramide è qualcosa che appare agli occhi di un ingegnere del XX secolo e non a chi cerca di attraversare le culture del passato con gli occhi del passato. Non c'è dubbio che il vissuto e il sapere degli antichi, e tra questi anche quello degli egizi, era orientato al cielo, al mondo delle stelle in modo così diverso dal nostro che non riusciamo nemmeno più ad immaginare tanto che le stelle studiate dall'astronomia di oggi appaiono oggetti ben diversi dagli dei della mitologia e dei monumenti. Per anni ci siamo dedicati alla ricostruzione del sapere arcaico e alla sua comunicazione per mezzo delle immagini delle varie civiltà, che presentano una codificata scrittura di eventi celesti. Ciò che è emerso è un sistema di cronocosmologia basato su un "catalogo stellare" e sul calcolo della longitudine del sole e della luna. Deliberatamente, per la nostra ricerca, abbiamo tralasciato anni fa l'Egitto, perché la difficoltà della lingua ci apparve insormontabile come anche il sistema metaforico-simbolico della cultura egizia ermeticamente chiuso, dopo anni di ricerca alla biblioteca del Museo egizio di Torino, grazie alla collaborazione del prof. Roccati e del prof. Curto. Innanzi tutto è necessario comprendere che quella sapienza dell'antica tradizione è un sapere codificato in contesti di comunicazione diversi dal nostro, sicché non può essere semplicemente affrontato con i metodi della astronomia di posizione. In altri termini l'astronomia è una scienza ausiliaria della ricerca archeologica e storica, a determinate condizioni, e non il metodo della ricerca storica. Ora se gli angoli dei vari condotti delle varie camere all'interno della piramide riflettono per lo meno un "sapere relativo alle stelle", è ancora tutto da dimostrare che tali angoli siano per gli egizi altezze di stelle quando passano al meridiano del luogo, tanto meno da uno di essi si può trarre l'informazione decisiva per datare la costruzione del complesso monumento. Secondo la cronologia più condivisa dagli esperti, la IV dinastia è da situarsi attorno al 2600 a.C. Per quest'epoca in autunno la piramide punta verso una zona del cielo altamente significativa per le culture antiche, per quella elamita e per quella tessalica dell'inizio del IV millennio a.C. ad esempio. La stella che culmina a mezzanotte in un plenilunio di autunno appartiene alla costellazione dell'Auriga ed è la medesima costellazione designata dalla ceramica di Dimini e da quella di Susa I: la piramide punta cioè a quella regione che viene chiamata nella tradizione sumero-accadica "la confluenza dei fiumi", l'incrocio cioè dell'equatore galattico con il percorso apparente del sole. Quando Capella, la capra che ha allattato Zeus secondo il mito greco, segnava l'equinozio di primavera quella stella con la sua longitudine segnava contemporaneamente la longitudine di quella confluenza di fiumi , la longitudine del sole al plenilunio, con la luna in eclisse totale, e un ciclo lunisolare legato al cervo o al corno del cervo, come riporta Horapollo e un terzo della sua latitudine nord. In Egitto non c'è il cervo, ma una capra selvatica che corrisponde all'ibex della cultura elamita e sumerica. Questo "evento" celeste si presta bene ad essere assunto come l'inizio di una particolare cronologia, che chiamiamo cronocosmologia arcaica: è il momento in cui il sole si è allontanato dalla Via lattea secondo la tradizione pitagorica ed è raccontato in una versione greca nel racconto di Fetonte. Stando ad Ovidio proprio in quella zona del "Nilo celeste", così si chiamava la Via lattea, Horus ha perso un suo occhio. Non ci sarebbe nulla da stupirsi se queste potranno risultare le mitiche sorgenti celesti del Nilo celeste! Che la piramide punti proprio a quella stella in quell'epoca e nelle notti dei pleniluni o noviluni di autunno significa che quell'evento rappresenta l'origine rispetto alla quale la IV dinastia si è situata: da allora sono passati due cicli lunisolari, legati ad Apollo se siamo in Grecia, ad Horus se siamo in Egitto.Così si può giungere approssimativamente verso il 2600 a.C. e se si possiede la struttura del catalogo stellare nei termini in cui veniva tramandato si giunge esattamente al plenilunio di autunno del 2603 a.C. Gli egittologi potranno anche sorridere di tanta sicurezza, ma potranno venire a capo dei testi che traducono solo se individueranno la struttura stessa della cosmologia arcaica, quale l'avevano ipotizzata Giorgio de Santillana e H. von Dechend, altrimenti continuerà ad essere vera l'iscrizione che si racconta fosse apposta ad una statua di Iside in Sais: "Nessun mortale sollevò mai il mio peplo"! A quella struttura non si giunge con la semplice astronomia di posizione, anche se una conoscenza tecnica dei tre sistemi di riferimento giova a decifrare le metafore e i simboli che si incontrano nella letura dei testi antichi. Per mostrare la complessità labirintica del sapere arcaico, come veniva comunicato, indipendentemente da come ad esso giunsero gli antichi si può fare questo esempio. Si supponga che rispetto ad una data origine siano trascorsi un determinato numero di mesi lunari e precisamente in notazione sessagesimale 41,47 e che una stella abbia come longitudine espressa sempre in mesi lunari 3,5,8 mentre ad un'altra stella manchino 45,0 mesi per coincidere con il punto equinozionale di primavera, cioè ad avere zero gradi e, in termini simbolici e metaforici, ad essere sgozzata o decapitata la figura associata a quella stella. L'informazione verrà comunicata in un racconto o con il numero 42 o con l'espressione di sei giorni e sette notti e simili, entrambi occorrenti sia nella cultura egizia che in quella sumero-accadica o semitica in generale. La successione 3,5,8 è parte di una successione conosciuta in occidente come successione Fibonacci ed è legata alla sezione aurea che si trova applicata in molti monumenti dell'antichità e il ciclo planetario di Venere,simboleggiato dal pentagono, coincide in parte, dato che cinque rivoluzioni sinodiche del pianeta equivalgono ad otto anni siderei del sole e a tredici rivoluzioni sideree. In questo modo abbiamo toccato sia l'aritmetica, o meglio la risoluzione di problemi in termini numerici interi, la geometria, e l'astronomia. Nel racconto non vi saranno tutte le spiegazioni, perchè nel comunicare un'informazione gli antichi non spiegano come noi siamo abituati dal sapere scientifico, ma raccontano un mito o costruiscono un tempio o disegnano un'icona o immagine. Saperli leggere significa imparare da loro il loro sapere e non interpretarli in base ad una credenza, che è semplicemente il nostro modo di non capirli e di esprimere la nostra distanza da loro.E' una sorpresa sapere che le due stelle sono rispettivamente Sirio,legata ad Iside e Betelgeuse, ad Orione il cacciatore?


Mappa del cielo autunno del 2603 a.C. e il sapere di Hermes-Thot
Controlla il valore 9,27,24 mesi per Sirio inserendo 7,4,3 mesi
Ricerca il valore di P° quando Algol = 0°


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