Il sapere arcaico concerne tecnicamente in modo compiuto ed organico il mondo degli eventi celesti, il cui codice di trasmissione è contemporaneamente iconico-narrativo. Poiché due sono i registri, uno relativo al sapere cosmologico e l'altro al senso del mondo della vita e unico il codice, l'appartenente alla cultura arcaica mentre imparava ad orientarsi nel cosmo temporale degli eventi e alle sue manifestazioni "cosmoteofaniche", apprendeva anche il senso e la saggezza dei rapporti umani, il senso del suo vivere nel mondo, come membro di una famiglia appartenente ad un etnos .
Le prime tracce di questo sapere arcaico si trovano probabilmente già in epoca preletteraria nella ceramica della cultura di Samarra del V millennio a. C. e nella ceramica protoelamita del periodo di Susa I ( tra il V e il IV millennio a.C), in alcuni documenti letterari sumerici, nell'Epopea di Gilgamesh , il più diffuso poema dell'antichità, di cui si hanno varie versioni, da quella sumerica più antica relativa ad alcuni episodi ripresi e rinarrati con varianti dagli hurriti e dagli ittiti, dai babilonesi e dagli assiri. Per la cultura greca accanto ai documenti iconografici del tardo geometrico, della ceramica laconica e di quella attica a figure nere si hanno principalmente i libri X-XII dell'Odissea , gli Inni omerici , in particolare ad Hermes e ad Apollo ; la Teogonia di Esiodo. Per la tradizione biblica: la redazione sacerdotale della creazione, il racconto del Diluvio , un capitolo del libro dei Re, relativo alla ricchezza di Salomone e al suo trono, il racconto delle visioni di Isaia, Ezechiele, Daniele, mentre per la tradizione cristiana tutto il libro dell'Apocalisse di Giovanni. Inoltre gran parte della tradizione iconografica cristiana del primo millennio e oltre risulta eloquente alla luce della struttura tecnica di tale sapere arcaico.
Il cammino, che l'uomo contemporaneo deve compiere per accedere alla cultura arcaica, è segnato innanzi tutto dalla distanza e dalla frattura originata da una esperienza esclusivamente orientata all'ambito della cultura urbana, cultura necessaria per vivere nel contesto delle città dell'Occidente europeo che sempre più s'assomigliano. La complessità della vita urbana mediando il rapporto dell'individuo alla natura lo costituisce in una stratificazione frammentata di conoscenze liberandolo tuttavia dalla dipendenza immediata dal processo naturale, che si manifesta all'individuo contemporaneo semplicemente in una dimensione percettiva, come il suolo che calpesta. Che vi siano il sole e la luna e le stelle è solo un'informazione banalmente percepita e non più, da lungo tempo, un apprendimento in una struttura culturalmente e socialmente significativa.
Anche la memoria della tradizione storica viene frantumata e la conoscenza del patrimonio storico- culturale si pone su di una dimensione sempre più diversa e lontana dal vivere quotidiano, sicché a tale conoscenza si accede mediante percorsi specialistici che fanno emergere un ambito isolato del mondo storico dell'uomo. Tutte le discipline specialistiche si sono formate generalmente nell'ottocento, dall'egittologia all'assiriologia, dalla filologia delle lingue indoeuropee a quella delle lingue semitiche, dalla ricerca dei tesori delle civiltà scomparse al metodo scientifico della scoperta archeologica basata sulla comparazione dei reperti secondo i loro rispettivi livelli stratigrafici. L'affinamento dei metodi di ricerca, la raccolta dei dati e la conoscenza delle fonti hanno caratterizzato tutte queste e altre discipline, come la storia della filosofia greca o la storia delle religioni, in un quadro di assunzioni che non vengono tuttavia sottoposte a discussione critica, soprattutto quando si tratta di valutare la forma e la struttura della cultura arcaica. Se oggi il modello positivista dell' evoluzione culturale assimilata al modello evoluzionistico biologico, con l'assunzione di una analogia o identità dell'ontogenesi con la filogenesi, (lo sviluppo dell'individuo ricapitola in sè tutti i gradi di sviluppo della specie) non viene più applicato per interpretare i documenti arcaici, tuttavia nella varietà delle prospettive interpretative non viene consapevolmente riconosciuto e tematizzato ciò che è decisivo: la trattazione di un modello storico di razionalità, legata alla forma di organizzazione e comunicazione del sapere. Infatti un discorso sul logos è anche implicitamente un discorso sul mito.
Ci si può domandare se la prospettiva di un darwinismo culturale può farci comprendere i possibili percorsi e vie di accesso alle culture pre-letterarie del passato o non rappresenti, invece, il più grande misconoscimento delle radici della nostra storia culturale, ponendo una frattura incolmabile nella memoria dell'uomo tra il presente ed il passato. Così, per non aver tentato di attraversare la "barriera culturale" che ci divide dal passato, non si può riconoscere un qualche valore al sapere degli antichi, una dignità conoscitiva alla forma del raccontare del mito, o a quella della composizione figurale, ma tutto si pensa di poter "spiegare" mediante la partecipazione mistica, la magia, le forme simboliche del pensiero, la funzione sociale, l'inconscio, mentre per poter accedere alle culture del passato è necessario che le tracce dell'uomo possano, in linea di principio, essere lette secondo il loro contesto, i loro codici, a partire dalla loro cultura e non da una nostra dottrina sui primordi, sul primitivo, sull'arcaico. In altre parole, è necessario imparare a percorrere le metafore antiche come se fossero ancora le nostre.
Anche quando il documento arcaico potrebbe essere colto nella sua forma unitaria, rivelando alla percezione un contenuto assai significativo, il pregiudizio originato dalla identificazione del pensiero razionale con una forma storicamente databile dello stesso (V-IV sec. in Grecia) non permette di "vedere" il documento stesso. L'esempio di un tale misconoscimento è dato,un esempio tra i tanti possibili, a proposito di una composizione figurale che si trova in un recipiente a forma di teglia o padella del 2000 a.C ca di area cicladica. In esso "si vede un sole incorniciato da un motivo spiraliforme e da quattro pesci". Per quanto la formulazione descrittiva sia analiticamente puntuale con gli elementi della composizione figurale, tuttavia non esibisce il messaggio significato dai tre significanti: il sole, quattro spirali ad S, quattro pesci. Due sono tratti direttamente dal mondo dell'esperienza,il sole e i pesci, mentre il motivo spiraliforme, data la sua composizione astratta, sarebbe riconducibile alla forma dell'onda marina. Se coerentemente i pesci possono trovarsi tra i flutti del mare, c'è da domandarsi perché mai al centro di tale rappresentazione vi sia il disco solare con 29 raggi. La domanda già avrebbe potuto orientare la risposta se solo si fosse riflettuto che i pesci con i quali il sole è indubbiamente in rapporto,secondo una tradizione ben nota oltreché antica, sono quelli che nel cielo costituiscono la omonima costellazione, sicché il "mare" entro cui i "Pesci" nuotano è quello che, trovandosi in cielo, viene attraversato dal "sole" e non quello che in terra circonda l'isola di Nasso dove è stata rivenuta la ceramica. In prima approssimazione, si può pertanto affermare che il tema di quella composizione figurale è dato dal "sole tra i pesci", è dato da ciò che è capitato al sole quando si trovava tra i Pesci, con un immediato riferimento celeste, mentre ben più complesso è l'insieme di informazioni tecniche sulla cosmologia arcaica necessarie a cogliere la funzione
delle quattro spirali tra loro legate che separano lo spazio figurato del sole
da quello dei pesci e il messagio comunicato da questa composizione: l'eclisse
solare con il sole nella costellazione dei Pesci 11 marzo del 1986 a.C.,
.
essendo trascorsi [(4*60) - 29 + 4]*60 -4 -4 -1 - 29 mesi dall'origine di questa cultura cicladica, quando il sole si trovava a L° 1° 29' (significante: 1 cerchio con 29 raggi) e Aldebaran, l'"occhio del toro" segnava l'equinozio di primavera