I problemi che i vv. 22-62 del canto XXVIII dell'Inferno pongono al lettore colto sono di diverso ordine e per un semplice lettore di religione islamica essi sono indubbiamente intollerabili e suonano per la venerazione del fondatore della sua religione, venerazione socialmente e culturalmente condivisa,come un esplicito oltraggio alla sua figura . Solo la contestualizzazione storica e sette secoli di distanza permettono di superare tale difficoltà, come ben dimostra la ricerca di Elalami Abdelkrim, La figura di Maometto nella Commedia. L'interessante e ben argomentata tesi dello studioso potrà indurre un orientalista a ricercare nelle biblioteche europee manoscritti latini che permetteranno di determinare meglio la conoscenza medioevale della storia dell'Islam con la sua tradizione intorno ai detti (Hadith) del Profeta e le fonti dirette e indirette di Dante, proseguendo le ricerche di Enrico Cerulli.
Con questa nota intendiamo mostrare, mediante l'analisi del lessico e la organizzazione dei versi, la natura particolarmente studiata dei vv. 22-62.
Nelle due terzine (22-27) troviamo una sconcia dissezione anatomica di un dannato, che in seguito (v.29), aprendosi con le mani il petto, si autopresenta al poeta. Giustamente Elalami Abdelkrim vede nel verso «guardommi e con le man s'aperse il petto » l'eco di una tradizione raccolta da Al-Buhari:
Per mostrare la nostra tesi assumiamo come conosciuto da Dante:
Secondo il già citato Emilio Panella O.P. responsabile dell'Archivio di Santa Maria Novella in Firenze,le fonti per lo studio della conoscenza del Corano nel Medioevo sono le seguenti:
Dalla conoscenza del ciclo pasquale di 19 anni, ciclo che si trova già in Grecia, si può derivare la conoscenza che esso sia di un anno lunare superiore al ciclo conosciuto in epoca moderna in Occidente come il saros babilonese:
A questo punto si può ancora osservare, essendo 114 = 1,54, che
La censura di comportamenti avvenuti durante uno scontro è ben netta. Se applichiamo la regola sopracitata avremo 176-90 = 86. 86 mesi prima della morte del Profeta è il plenilunio del 26 giugno 625, 15 Muharram 4. Nel marzo 625 vi fu un contrattacco dalla Mecca con una spedizione punitiva contro Medina. Vi erano truppe meccane rinforzate da contingenti di alleati beduini. Lo scontro avvenne presso il colle Uhud.
Nella Sura III, La Sura della famiglia di 'HIMRAN,medinese di 200 versetti, al versetto 13 v'è un'allusione ad una vittoria e al versetto 123 v'è un'esplicita menzione. Nella traduzione di A. Bausani:
La vittoria fu conseguita a Badr, una località a 100 km circa da Medina, dopo una battaglia svoltasi a metà marzo 624 fra i musulmani e la retroguardia della grande carovana dei Qurays che tornava carica di merci dalla Siria. (Bausani, op.cit., Introduzione, XXXII).
Applicando la regola 200-123 = 77, settantasette mesi prima del 8 giugno 632 d.C., si trova il 18 marzo 626, che non s'accorda con la cronologia dell'evento, tredici mesi dopo il plenilunio del mese di Ramadan del primo anno, cioè 114-13 = 101 mesi prima del plenilunio della morte del Profeta dell'Islam si trova il 9 aprile 624. Il novilunio precedente cade al 24 marzo.
Quando però il riferimento non è ad un evento registrabile dalla storia come una battaglia, come ad esempio il riferimento al viaggio notturno o alla rivelazione dell'angelo, la regola precedente di per sè non è sufficiente. Se poniamo infatti, a titolo euristico, in relazione la Sura LIII di 62 versetti, La Sura della Stella
dal momento che Sura XVII,1 insieme a Sura LIII,1-18, è «alla base delle colorite e curiose leggende, delle speculazioni teologiche, delle profonde allegorie mistiche, che riguardano la famosa ascensione (mi'rag) e il viaggio notturno (isra') di Muhammad » (Bausani,Note pag.581) possiamo cercare di riflettere quali siano le informazioni relative a questi due versetti
Applicando la regola, essendo i versetti della Sura LIII 62 e il versetto preso in esame il 10, avremo:
Un pittore cristiano in quel giorno avrebbe potuto dipingere un'annunciazione, come numerosissime sono le annunciazioni a Firenze e in Toscana, mentre un miniaturista persiano, secoli dopo, avrebbe forse disegnato l'interno di una stanza con l'angelo e il Profeta immerso in meditazione. Il miniaturista si sarebbe domandato quale fosse stato il contenuto della rivelazione dell'angelo. La risposta sarebbe stata ciò che l'angelo annunciò a Maria, cioè la nascita di Gesù Messia. Maria sapeva che sarebbe nato 9 mesi dopo. Poichè abbiamo individuato un tempo, il plenilunio di marzo del 628 d.C. il lettore di quel versetto doveva domandarsi se gli era possibile scrivere il tempo trascorso dal Natale di Gesù.
Conoscendo la cronologia avrebbe saputo che quel intervallo sarebbe stato superiore a 7200 mesi, cioè superiore a
Ora questa espressione non può essere smentita, come del resto recita il versetto 11, immediatamente successivo:
La lettura, appena esposta, di Sura LIII,10 non implica che essa sia stata recitata la prima volta nel periodo medimese, essendo meccana, ma solo che il contenuto della rivelazione dell'angelo, che divenne nella tradizione orientale l'angelo della conoscenza, comporta il venir a sapere il tempo del Natale, non mediante una data, ma mediante due intervalli: il primo, il numero di mesi dal To per il Natale e, il secondo, quello che lega il tempo presente di colui cui è stata data la rivelazione e il tempo del Natale. Se si riflette si vede che non vi può essere nelle Sure meccane un riferimento né al primo plenilunio del mese di Ramadan del primo anno né tanto meno al tempo della morte del Profeta. Il riferimento temporale deve essere ad un evento della storia dei profeti, perchè solo così si connette il tempo pre-islamico a quella storia.
Trasformando quel tempo per il Natale nel corrispondente arco di precessione si viene a conoscere nello stesso tempo il valore di declinazione del Trono di Dio in cielo. Si riconduce un tempo alla struttura stessa del cosmo.
Quell'ipotetico lettore avrebbe visto che 16,25,42 poteva essere scritto 17, -34,-17-1 e trovare alla Sura XVII al v.1 il riferimento al viaggio avvenuto anni prima, a quella prima rivelazione che fu alla base dell'azione profetica di Muhammad alla Mecca, dieci anni prima circa dell'inizio dell'èra araba. Quel lettore doveva trovare due espressioni:
Per poter determinare la prima espressione è necessario risolvere la seconda espressione sapendo che l'attività profetica durò all'incirca vent'anni lunari cioè poco più di 240 mesi. La quantità incognita y è maggiore di 2,0 mesi. Il numero della Sura XVII esprime anche di quanti mesi sia superiore. Allora si avrà
Tempo prossimo viaggio = To + 18,36,54 - 1,50 - 2,17 = To + 18,32,47 m
Mezzo mese dopo inizia il mese della rivelazione.
Conoscendo il tempo del Natale e il tempo del viaggio non è difficile vedere che
la cui espressione è analoga a quella precedentemente trovata per LIII,10 cioè 2,10,20; il terzo termine è il doppio del secondo termine.
Qualsiasi siano le immagini dei racconti del viaggio, alla loro base v'è una solida conoscenza della cronologia simbolica della storia della rivelazione e una solida conoscenza del cielo espressa appunto con metafore e immagini tratte dalla vita quotidiana, come l'angelico e sterminato « Gallo » del Libro della Scala; « il gallo che si appoggia alla terra settima, ma tiene il capo e la cresta nel cielo dove è Dio ed il Suo Trono» (ENRICO CERULLI,Il "Libro della Scala" e la questione delle fonti arabo-spagnole della Divina Commedia, Città del Vaticano, 1949, ediz. anastatica 1974, pag. 528.)
Se di fronte a queste immagini e ai riferimenti ad angeli si ricorre per comprenderli all'immaginario sociale, come una nota storiografia francese ama trattare questi temi, sicuramente non si è in grado di cogliere il significato dell'immagine, anche quando essa compare in una miniatura astrologica e astronomica (Cod.Bodl. Gr.133).
Ritornando a Dante, dopo l'excursus sulle Sure, che presentiamo come inizio per un'ipotesi metodologica di lettura, dalla struttura Inferno XXVII, 30-45
La struttura dei versi dei personaggi che interloquiscono si presenta come segue:
La situazione è paradossale. Maometto si rivolge a Dante, Virgilio gli risponde al posto di Dante, e nuovamente Maometto si rivolge al poeta, che in questi versi è semplicemente narratore.
In questa situazione il ruolo di Virgilio deve essere pensato sulla base dell'interpretazione medioevale cristiana del poeta latino. Infatti in un suo testo i medioevali leggevano l'annuncio della nascita di un « puer », di un fanciullo, che veniva identificato, erroneamente, nel futuro « salvatore ». In contrapposizione i medioevali si trovavano dinnanzi ad una religione secondo la quale Gesù è un semplice profeta, la cui morte salvifica veniva negata, come le interpretazioni docetiste avevano già secoli prima sostenuto.
Secondo Gabriele Mandel, con una laurea Honoris Causa in Scienze Islamiche, ricevuta dall'Università Statale di Konya (Turchia), la posizione di Gesù nel Corano è analoga a quella di molte correnti ereticali cristiane:
55 « Or dí a fra Dolcin dunque che s'armi,
57 s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,
58 sí di vivanda, che stretta di neve
59 non rechi la vittoria al Noarese,
60 ch'altrimenti acquistar non saria leve ».
In seguito alla crociata bandita da Clemente V, Dolcino Tornielli con cinquemila seguaci di Gerardo Segarelli si rifugiò sui monti biellesi. Il vescovo di Novara era il comandante dei crociati, e lo costrinse alla resa nel marzo del 1307, grazie alle abbondanti nevicate e alla sopravvenuta mancanza di viveri. I versi citati esprimono un consiglio strategico di un comandante militare e non le parole di un eretico. Gli eretici infatti si trovano nel canto IX,106-133 e la loro pena consiste nell'essere rinchiusi in tombe infuocate ciascuna per ogni setta con il loro fondatore. Se poi si confrontano i personaggi del medesimo canto nessuno appartiene alla sfera religiosa: Pier da Medicina fomentò le discordie tra i signorotti emiliani e romagnoli,il tribuno della plebe Caio Curione indusse Cesare a passare il Rubicone, Mosca dei Lamberti cui si imputa la responsabilità e l'origine prima delle lotte intestine a Firenze e infine il poeta provenzale Bertran de Born pose la discordia tra Enrico III contro il padre Enrico II d'Inghilterra, duca d'Aquitania. Tutti i personaggi citati hanno una colpa specifica di un fatto, mentre è difficile comprendere quale sia, agli occhi di Dante, la divisione, lo scisma cioè, imputabile
quando era profeta alla Mecca o quando divenne anche condottiero a Medina. Ora se lo scandalo e la divisione consistono precisamente nell'aver legato fede e spada, e la prima volta avvenne con la giustificazione dell'attacco a Nakhla, il riferimento a Fra Dolcino forse potrebbe assumere anche il significato di condanna del vescovo « novarese » sia per il rogo di coloro (2,VI,1307, otto persone compresa sua moglie ) che non vollero riconoscere, sottomettendosi all'autorità del vescovo, sia per la sua strategia, favorita dalle abbondanti nevicate. Sarebbe pertanto implicita la seguente proporzione:
Abbiamo già mostrato che dalla struttura dei tre ordini del lato della porta sud del Battistero San Giovanni a Firenze si possono derivare gli intervalli temporali in mesi lunari per il plenilunio della nascita di Virgilio e per il plenilunio della morte del Profeta, oltre quelli per il Natale e per la Pasqua ebraica della passione di Gesù.
Il processo di composizione dei versi 30-62 segue pertanto i seguenti passi:
È possibile ora, mettendosi dal punto di vista del lettore, che sia avvertito della particolare tecnica di composizione e del calcolo del tempo, tracciare i passi per la lettura dei versi. Innanzi tutto il lettore d'oggi deve tener distinta la conoscenza medioevale della storia delll'Islam, quale la ricerca storica e filologica ha configurato sulla base dei documenti accertati e studiati, dalla lettura che gli stessi medioevali, lo stesso Dante, avrebbero fatto dei medesimi documenti e dalle conoscenze attuali. In altri termini
i medioevali colti trovavano nei testi ciò che oggi non riusciamo più a vedere. Questa frattura dipende proprio da quella rottura epistemoligica per la diversità dei paradimi culturali che uno storico della cultura e un filologo deve tener presente per leggere e comprendere i documenti arcaici e antichi.
Dato pertanto:
Poichè si giunge in uno dei tre regni d'oltretomba alla morte, la prima domanda concernerà il tempo della morte di Maometto e di Alì, rispetto al tempo di origine, To.
Lo schema temporale alla base dei versi esaminati potrebbe essere raffigurato in questo modo:
In questo schema si può vedere come Dante abbia non solo conosciuto, direttamente o indirettamente non è possibile sapere, testi e fonti che non rientrano in quelli censiti dagli storici e filologi, ma anche di aver data un'interpretazione non solo ecclesiastico-dottrinale della figura di Maometto e dell'Islam. Infatti per quello studio di mettere insieme "numero e rime" (Convivio) ha indicato a chi sapeva leggere la sua arte i momenti significativi e fondanti l'Islam: Il mese della rivelazione (da cui sorsero i racconti del viaggio) con un indiretto e implicito confronto temporale con la rivelazione data a Mosè sul Sinai, il monoteismo sorretto sulla punta della spada esemplificato nell'episodio dell'attacco a Nakhla con posteriore giustificazione,il tempo della morte del Profeta sulla cui base sono state strutturate in seguito le testimonianze raccolte nelle 114 Sure del Corano e l'inizio delle conquiste arabe nel 634 d.C. e l'uccisione di Alì 354 mesi dopo il plenilunio della morte di Maometto al plenilunio del mese di gennaio del 661 d.C.
Dopo la risposta di Virgilio v'è una terzina molto interessante con l'occorrenza del numerale « cento » al verso 52:
Dato Canto XXVIII,52 con occorrenza cento si può scrivere:
Pertanto si può ragionevolmente affermare che con i vv.52-53 Dante alluda all'episodio della trincea e abbia letto qualche fonte che fin'ora è sfuggita agli studiosi.
Chi non sa nulla dell'arte della composizione antica o, se la intuisce, non conosce il sistema di calcolo del tempo, dalla lettura dei versi non potrà che perdersi in una serie di coincidenze senza costrutto.
Se siamo riusciti ad evitare questo errore, si può essere certi che
Dante abbia avuto una conoscenza della storia dell'Islam ben superiore a quella dei suoi contemporanei e a quanto le prove tratte dai codici fin'ora conosciuti permettano di mostrare.
La struttura numerica dei versi 30-62 del canto XXVIII di 142 vv. fornisce un'evidenza pari se non superiore all'occorrenza dell'espressione « e con le man s'aperse il petto: v.29 », giustamente rilevata e valorizzata da Elalami Abdelkrim e ha poi aperto la strada per un'ipotesi
di una particolare lettura di alcune Sure del Corano, conformemente alla tecnica dantesca di comporre versi, consistente nel «legar (..) con numero e rime [il testo in lingua volgare]. E questo (...) studio è stato mio..» (Convivio,I,XIII,6-7). La tecnica del poeta non è completamente una sua invenzione; essa si ritrova anche in poeti di culture diverse. Una variante della stessa tecnica si trova, ad esempio,nelle Quartine di Omar Khayyâm, una composizione letteraria per la quale sono in rima i versi 1,2,4, mentre il terzo verso ha un argomento diverso dal termine in rima:
La Quartina di Omar Khayyâm è solo un piccolo esempio di un'arte, analoga a quella delle miniature di Nezâmî dedicate all' Ascensione , nei I Cinque Poemi , nella quale arte eccelse in modo sommo Dante, volendo egli scandire in questo modo, legando storia e cosmo, i momenti significativi della storia dell'uomo. Il suo "poema sacro" risulta pertanto la risposta letteraria cristiana al significato storico-culturale dei racconti e delle esperienze mistiche in ambito islamico, nel momento stesso che esprimeva la speranza di un rinnovamento del Papato ad opera dell'Impero, dovendo ritornare il primo proprio a Nazarette/là dove Gabriello aperse l'ali (Par.IX,138).