Lo spirito della renovatio imperii, dopo la decadenza dell'impero carolingio, ritorna sotto gli Ottoni, con la ripresa nell'arte inizialmente della stessa rinascenza carolingia, con un'attenzione rinnovata alla Roma classica e paleocristiana. L'incontro di Gerbertro d'Aurillac e di Ottone III segna le speranze per il nuovo millennio e per il consolidamento dell'ideale del Regno. L'imperatore lo volle papa, dopo averlo proposto arcivescovo di Ravenna. Silvestro II che era stato precettore di Ottone III era il più celebre dotto del suo tempo, tanto che venne considerato, non senza malizia, un mago. La sua passione per le discipline del Quadrivium (aritmetica,geometria, musica e astronomia) e per i testi raccolti nei vari centri in cui svolse la sua attività (Bobbio, Reims,..) è ben nota agli storici della scienza e della tecnica, particolarmente a quelli che hanno studiato la costruzione dell'astrolabio.
L'arte della miniatura di questo periodo è eccezionale e lo scriptorium più importante fu quello di Reicheneau. Bamberga, in Baviera, fu costituita da Enrico II sede vescovile e nel duomo da lui voluto (1007) fu sepolto. Qui nella biblioteca di Stato è conservato il manoscritto, le cui miniature sono state splendidamente edite in un volume nel 1981, a cura di Ernst Harnischfeger (1).
Pare che il codice provenga dallo scriptorium di Reicheneau insieme ai manoscritti eseguiti per Enrico II e per la sua datazione non c'è una tradizione diretta che permetta di sapere quando precisamente fu eseguito. Qui ci interessa per alcune particolarità che non abbiamo riscontrato in altri codici.
Le miniature sono 50 di cui la prima e l'ultima non riguardano le visioni narrate nel testo dell'Apocalisse, e in due (3,41) sono ben visibili i classici segni zodiacali per il punto d'Ariete e di Bilancia. Il che ci riporta all'ambiente culturale di Gerberto di Aurillac e ai suoi interessi.
Nella prima miniatura, sullo sfondo celeste color oro e disposti dall'alto in basso lungo la diagonale si trova a destra la figura di Cristo che sporgendosi dal sole sta consegnando al veggente di Patmos, posto su di un verde prato, il libro chiuso della rivelazione. Sulla copertina al centro campeggiano ben sette gemme e lungo i bordi trenta perline bianche. Quel libro è quello che il veggente di Patmos descrive nel capitolo V dell'Apocalisse.
Nella metafora-simbolo del libro sigillato scritto dentro e fuori, che l'Agnello venendo ricevette dalla destra del seduto sul trono si deve pensare, tenendo insieme dimensione soteriologica e dimensione cosmologica, che Cristo contemporaneamente è il signore del cosmo e il rivelatore definitivo della storia della salvezza. Di quel libro sigillato, qui interessa, in quanto storici del pensiero scientifico, ciò che è scritto esternamente o meglio ancora il codice secondo cui avviene quella scrittura esterna. Se il libro della rivelazione ha una doppia scrittura, esterna ed interna, pensare che sia fondamentale solo quella interna, e caduca quella esterna, assimilata alla cultura del tempo, significa esporre alla corruzione proprio la dimensione interiore che può esprimersi solo più nella pietà individuale e nel rito pubblico e non si alimenta più nella dimensione della conoscenza. Significa essere soggetti alla cultura del proprio tempo per la sua intelligenza e comprensione.
Sarebbe un controsenso identificare Cristo con il sole, con il solstizio del sole come alcuni con una disinvoltura pari alla loro semi-ignoranza sostengono e vanno sostenendo, tuttavia è necessario cogliere il contesto cosmologico della miniatura. Il sole, disegnato per un quarto, occupa tutto l'angolo del rettangolo della miniatura e sulla manica sono presenti tre cerchiolini. La struttura dell'immagine data in modo inequivolcabile la prima miniatura al plenilunio o al novilunio di giugno di un certo anno con il sole a 93°, mentre le gemme della copertina fanno riferimento alla posizione del sole al novilunio di primavera dell'anno della morte di Cristo, 7° 30'.
Consultando appropriate tavole astronomiche si trova che il plenilunio è quello del 19 giugno del 1000 d.C. e il novilunio quello del 14 aprile del 32 d.C. Facendo gli opportuni calcoli si trova che tra i due tempi vi sono stati ben 11975.5 mesi lunari medi, risultato che si ottiene più facilmente confrontando il numero d'ordine delle Lune nuove e Lune piene pubblicate da Herman H. Goldstine (2).
La miniatura nel suo riquadro presenta ripetuti due motivi, di cui uno 13 volte attorno all'angolo in alto a sinistra e 13 volte attorno all'angolo in basso a destra, mentre l'altro motivo si ripete per 11 volte attorno all'angolo in alto a destra e 9 volte attorno all'opposto angolo. La disposizionale diagonale delle figure invita a considerare come significative per esse solo la coppia (13,13) posta sull'altra diagonale e a controllare a quanto tempo corrisponde la sequenza di 13° 26' 52" 13'". Ridotta l'espressione in secondi e dividendo per 50, per lo stesso numero delle miniature del manoscritto, si trova esattamente in anni tropici il tempo corrispondente al numero dei mesi lunari. Questa lettura si impone dalla disposizione delle figure, mentre potrebbero non essere così perspicue le altre, che abbiamo dato nello schema, una relativa al tempo presente del maestro (19,52,46 m) e l’altra relativa all’intervallo tra questo tempo e il tempo dell’Annunciazione.
Il maestro di Bamberga ha nella prima miniatura sapientemente situato rispetto ad un origine il proprio tempo e mediante differenze indicato la Pasqua e il Natale di Cristo, in un modo tale da permetterci di seguirlo nelle indicazioni. Ogni comunicazione richiede però che vi siano possibili lettori interessati a intendere.
Ciò che abbiamo mostrato è solo una esemplificazione di una comunicazione del sapere che si trova costante nei documenti, legati all'autorità imperiale, nel cristianesimo del primo millennio che continua fino al XIII secolo. E' questo sapere che fonda l'ideale di una renovatio imperii e si trova all'epoca di Carlo Magno, in quella degli Ottoni, e regge il grandioso progetto politico di Dante Alighieri.
Abbiamo la fortuna di sapere esattamente quando la basilica fu terminata e consacrata dal vescovo Massimiano, cioè la domenica 9 maggio del 549 d.C. Nel Museo arcivescovile è conservata inoltre una lastra di marmo sulla quale si trovano incisi in un cerchio 19 settori che riportano le date per il calcolo della Pasqua per gli anni 532-626.
Il calcolo del plenilunio pasquale fa ricorso appunto al ciclo di 19 anni, ciclo scoperto e introdotto ad Atene dall'astronomo Metone nel 432 a.C. Nella tradizione ecclesiastica è conosciuto come ciclo alessandrino per la sua adozione da parte di Cirillo d'Alessandria, vescovo della città. L'introduzione in Occidente di tale ciclo dipese dalla traduzione delle tavole pasquali del vescovo di Alessandria che giungevano fino al 531 d.C.. La traduzione fu opera di Dionigi il Piccolo, che curò ancora il proseguimento del calcolo per i successivi 95 anni, dal 532 al 626. Come è risaputo egli mutò l'uso della datazione ponendo l'origine non più alla fondazione di Roma o all'era di Diocleziano, (29 agosto 284 d.C.), chiamata anche èra dei martiri, ma al Natale di Cristo fissata al 25 dicembre del 754 ab urbe condita, compiendo quell'errore di sei anni, ormai riconosciuto da tutti gli storici. L'esistenza della lastra a Ravenna è il primo documento e a nostra conoscenza forse l'unico, che sia coevo o di poco posteriore alla riforma di Dionigi il Piccolo e ci permetterà di porre domande decisive per l'analisi dei mosaici dell'abside della chiesa, dedicata al primo vescovo della città di Classe.
"Nella conca absidale è visibile la mano di Dio che esce dalle nuvole ed indica la croce, alludendo alla Trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor; la grande croce, gemmata e dorata, con al centro il volto di Cristo, è immersa in un cielo cosparso di 99 stelle d'oro e d'argento, con allusione alla parabola delle 99 pecorelle: all'estremità dei bracci della Croce le lettere Alfa e Omega, indicanti che Cristo è il principio e la fine; sotto il piede della croce la frase "salus mundi" e sopra la praola greca "pesce" nel significato di "Gesù Figlio di Dio Salvatore". Così inizia la descrizione della conca absidale in una Guida turistica, peraltro ricca di illustrazioni e documentata (3). C'è però da dubitare che l'iscrizione greca di pesce sia da intendersi secondo la suggestiva ipotesi degli studiosi del XVII secolo, che "collegarono per la prima volta il nome greco di pesce, ichthys, con l'acrostico IX
QYS"(4).La grande croce è racchiusa in un tondo tempestato di pietre preziose. Le gemme sembrano essere smeraldi, zaffiri e perline. La croce contiene 10 smeraldi e 10 zaffiri e il tondo alternativamente 21 coppie di smeraldi e 21 coppie di zaffiri separati da gruppi di 6 perline.
L'interpretazione data alle gemme sulla copertina del libro dell'Apocalisse di Bamberga comporta che essa non sia unica, ma rifletta una lunga e diffusa tradizione iconografica cristiana. Pertanto il numero delle gemme della croce deve indicare la posizione del sole al novilunio o al plenilunio di primavera. Nell'anno della consacrazione il plenilunio pasquale registra il sole a poco più di dieci gradi, trovandosi nella costellazione dei Pesci.
Senza la conoscenza dell'anno della consacrazione ad opera del vescovo Massimiano sarebbe stato problematico vedere nel numero delle gemme della croce il riferimento alla posizione del sole al plenilunio pasquale dell'anno di consacrazione. Si apre pertanto con questa lettura un vastissimo campo di indagine sulle numerose raffigurazioni del libro gemmato associato al Pantocrator, avendo un criterio per controllare la conformità dell'immagine all'anno della consacrazione, quando sia conosciuto con certezza, o per suggerirne uno in via ipotetica e controllare per questa via la diffusione della tradizione iconografica.
Il significato della croce gemmata invita ad essere attenti non solo nella descrizione, ma anche nella lettura dell'immagine. Innanzi tutto la rappresentazione della croce gemmata non rimanda direttamente e immediatamente alla crocifissione, come avviene con l'immagine del crocifisso, ma solo indirettamente. E' stato osservato che dove l'arte bizzantina "influenza l'Occidente sia a Ravenna sia a Roma, venga sì raffigurata la croce, ma per quanto possibile non il crocefisso" (5). Con la contemplazione della croce gemmata in un tondo, un vero e proprio mandala cristiano - si potrebbe dire - il fedele in Sant'Apollinare in Classe è invitato ad una meditazione che lo coinvolge nell'ordine della conoscenza e non ad un semplice esercizio di pietà nell'ordine dell'affettività. La spiritualità che emana da tali mosaici concerne una teocentrica liturgia cosmica con riferimento sullo sfondo alla storica croce del Golgota, mentre quella che si alimenta con la contemplazione del crocifisso di Cimabue, di ben sette secoli posteriore, rimanda ad un coinvolgimento personale e affettivo che genera coscienza della colpa e del peccato di fronte all'umanissima espressione del dolore. Però assente è la dimensione del cosmo. Un tale coinvolgimento sarà reso parossistico nel cinquecento all'epoca della riforma luterana. La umanizzazione dell'esperienza religiosa cristiana, così evidente nell'arte europea dei secoli XVI-XVII è iniziata con la pittura di Giotto, ed esprime l'incipiente riduzione antropologica del cristianesimo, consumatasi nella modernità.
Sotto il tondo sono disposti in spazi diversi una pecorella di fronte ad altre due e più sotto due gruppi di sei pecorelle rivolte verso il santo orante a braccia alzate. Il significato astronomico del numero delle gemme della croce nel tondo induce a vedere nella disposizione dei gruppi di pecore le indicazioni numeriche necessarie per un possibile calcolo cronologico-astronomico. I primi termini numerici saranno pertanto 1,2,6,12, con il totale 15, mentre il gruppo di 12 pecorelle con il santo rimanda all'espressione sessagesimale 1,12, cioè a 72.
La presenza a Ravenna del calendario liturgico per la Pasqua, derivante dalla riforma della cronologia ecclesiastica di Dionigi il Piccolo permette di formulare una domanda, senza cadere in un controsenso storico.
Quanti mesi sono intercorsi dal primo plenilunio dell'èra cristiana al plenilunio pasquale del 549 d.C. indicato dalla croce gemmata nel tondo dell'abside? Non è dificile vedere che i mesi trascorsi furono 6780 che possono essere scritti con il sistema sessagesimale in 1,53,0 oppure 2,-7,0 mesi. Entrambe le espressioni non sono derivabili immediatamente dai numeri indicati, mentre si può vedere che l'espressione 2,-6,12 supera di ben 72 unità la precedente. Il tempo indicato da 2,-6,12 mesi prima del plenilunio pasquale del 549 deve essere ricercato e calcolato. Esso è il plenilunio del 4 aprile del 6 a.C.. Non è il Natale, ma il tempo dell'Annunciazione dell'arcangelo Gabriele, il cui mosaico con il nome e uno stendardo si trova a destra sulla parete iniziale della conca absidale, mentre a sinistra è raffigurato l'arcangelo Michele.
Il tempo del Natale si situa pertanto a 2,-6,3 mesi dal plenilunio pasquale del 549 d.C. ed è esattamente databile al 25 dicembre del 6 a.C.
E' incredibile vedere che nel momento stesso che la Chiesa ravennate adotta il sistema di Dionigi il Piccolo per il calcolo delle date pasquali, attesti di sapere esattamente l'errore del medesimo per l'anno del Natale di Cristo.Ci son voluti secoli di ricerca erudita per arrivare approssimativamente a quella medesima conoscenza ben presente alla sede episcopale di Ravenna e forse ignorata a Roma.
a) Lo specifico cristiano
Le competenze cui abbiamo fatto ricorso nell'analisi dei monumenti sono storiche e astronomiche e non hanno fatto intervenire nulla che sia peculiarmente cristiano in quanto cristiano, pur riguardando chiese cristiane. Se il lettore non coglie questo punto decisivo non potrà che ritenere irrilevante la nostra ricerca per la comprensione storica del cristianesimo e per la intelligenza teologica della fede cristiana.
La svolta che nell'esposizione deve essere sottolineata riguarda l'affermazione che Cristo è l'Alfa e l'Omega e la salvezza del mondo. Salus mundi è esplicitamente scritto ai piedi della croce gemmata, mentre le lettere greche dell'Alfa e dell'Omega sono scritte prima e dopo il braccio orizzontale della croce. Questo è peculiarmente cristiano e dipende dal testo dell'Apocalisse, mentre non dipende dall'Apocalisse il nome greco di pesce. Che il sole si trovi nella costellazioni dei Pesci al plenilunio pasquale non rende completamente conto dell'occorrenza del nome nel tondo dell'abside. L’occorrenza del termine invita a cercare il tempo del Natale rispetto alla costellazione dei Pesci, ricordando quanto scrisse Tertulliano: "Ma noi diventiamo pesciolini, conforme al nostro ichthys Gesù Cristo nato nell’acqua" (6). L’affermazione di Tertulliano è da intendersi rispetto al battesimo, ma implica che nel racconto evangelico di Marco del medesimo, l’origine non è più il Regno di David, ma con un cambiamento di origine temporale, riguarda un nuovo tempo dato da una stella. Quale fu dunque la longitudine di alfa Piscium al Natale di Cristo, cioè al 25 dicembre del 6 a.C. ?
La risposta diretta e immediata a questa domanda, alla prima parte della domanda, si trova solo in un testo cristiano e non in altri, cioè solo al capitolo IV dell'Apocalisse relativo alla visione del Trono.
Attorno al seduto sul trono vi sono 24 troni e sui troni 24 anziani con corone d'oro, che tradotto nella notazione scientifica, significa che il Natale avviene quando
L° (alpha Piscium) = 1° 24' 48"
In nessun altro testo e immagine dell'antichità extra-cristiana si ritrova questa sequenza numerica, nemmeno in quella iranica, che sarebbe, secondo qualcuno all'origine della festa del Natale cristiano, legato alla festa imperiale del Sol Invictus.
La trasformazione di tale longitudine in anni, moltiplicando per 72, oppure riducendo in secondi e dividendo per 50 , che in greco si dice pentecoste, permette di venire a sapere il numero di mesi lunari rispetto all'origine posta nei Pesci: cioè 1258.5. Così il plenilunio pasquale del 549 d.C. si trova a 2,15,1.5 mesi dall'origine posta quando alpha Piscium segnò l'equinozio di primavera.
Quanto tempo rispetto all'origine del mondo deve trascorrere prima che la stella dei Pesci segni l'equinozio di primavera, abbia cioè zero gradi di longitudine? La risposta non è data direttamente, ma indirettamente, rispondendo a quest'altra domanda. Sì dà un'altra tradizione relativa al tempo della nascita del Messia, che si trova sparsa nella tradizione ebraica e precisamente nella tradizione dei Salmi, dei Profeti e del libro della Sapienza?
Per rispondere in modo sufficientemente chiaro ed esauriente sarebbe necessario almeno un capitolo di un libro, concernente la tradizione apocalittica. Qui possiamo solo accennare l'inizio di una risposta.
Dove si trova in cielo il trono di Dio? Il capitolo 66 di 24 versetti di Isaia contiene la risposta. Il trono, essendo il polo dell'eclittica, attorno cui si muove con 50" all'anno il polo celeste, è a 66° di declinazione, distante 24° dal polo. Allora possiamo affermare, senza tema di smentita, che nella tradizione apocalittica e profetica da Isaia in poi, il tempo per il Natale, rispetto all'origine dei tempi, che si trova in tutte le civiltà superiori dall'Occidente ed Oriente, India compresa, sia dato dalla seguente espressione:
66° 24' 48" di arco della precessione = 16,25,42 mesi lunari = Natale
da cui per differenza si trae che alpha Piscium segnò l'equinozio di primavera quando l'arco della precessione misurò 65°.
I passi per la progettazione del mosaico sono pertanto i seguenti, illustrati dallo schema
Dobbiamo a questo punto ricordare che l’introduzione nel III secolo della festa dell’Epifania ad Alessandria al 6 gennaio, con la quale si celebrava il Natale di Gesù, comporta la preminenza di Isaia 66,1-24 rispetto ad Apocalisse IV, testo non ritenuto canonico allora da tutte le chiese. Esso implica che il tempo sia segnato da
66° 24’ = 16,25, 30 mesi
e sia stata introdotta per questa ragione intrinseca alla propria tradizione e non tanto per una "protesta contro le celebrazioni solari pagane che avevano luogo il 6 gennaio" (7). Il plenilunio avvenuto 12 mesi prima del 25 dicembre del 6. a.C. cade appunto al 5 gennaio.
Che cosa ha di particolare questo tempo rispetto a tutti gli altri tempi? la risposta si trova osservando che i parametri numerici con i quali viene descritto anticamente come sia fatto l'universo dalla sapienza creatrice di Dio sono gli stessi che esprimono il tempo della nascita del Messia alla fine dei tempi.
Il piano dell'eclittica sul piano dell'equatore forma un angolo di 24°, sicché il polo celeste nord si trova a 66° di latitudine. Questo, il significato dell'affermazione dell'Apocalisse che Cristo è l'Alpha e l'Omega: il suo tempo può essere scritto indipendentemente da ogni storico e deperibile certificato di nascita, osservando dove si trova il trono, cioè con quanto è descritto nella visione del trono di Apocalisse IV, e implicitamente indicato da Isaia 66.
Il suo tempo si trova già inscritto nel primo versetto del Genesi, secondo un testo rabbinico, il Beresit Rabba. In termini paolini Cristo risulta essere il primogenito d'ogni creatura, per non ricordare che il suo nome risuonò prima della creazione del sole e delle stelle, come si trova detto in Enoc etiopico (XLVIII).
Se invece di prendere come punto di partenza l'arco della precessione si fosse fatto riferimento unicamente al numero dei mesi lunari, quanto precedentemente affermato non poteva più essere colto.
Era ignorata quella sapienza di Dio, che secondo San Paolo, "è nascosta, che Dio predestinò prima dei secoli per la nostra gloria, che nessun principe di questo secolo conobbe; se infatti l'avessero conosciuta giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria." (Ad I Cor. 2, 7-9), con un riferimento ad una identica espressione di Enoc etiopico (XXVII). Qui è evidente che la ragione del contendere dei cristiani nel primo secolo d.C. e prima della distruzione di Gerusalemme, non riguarda la morte di Gesù, ma la conoscenza della sapienza di Dio, la cui giustizia non poteva essere discussa o messa in dubbio anche dinnanzi la morte in croce, nè la morte in croce poteva essere invocata contro la sapienza di Dio e disconoscere pertanto Gesù come Cristo. San Paolo dichiara solennemente ai Corinti, che nell'annunciare loro la testimonianza di Dio non giunse con la retorica e la filosofia: tra loro non pensò di saper altro se non [che] "Gesù [fosse] Cristo e questo crocifisso". (Ad I Cor.2,1-2). Il che significa da una parte che la "sapienza di Dio", (cioè come egli creò il mondo) permette di sapere che Gesù era il Messia, anzi che era questa stessa Sapienza e dall'altra mantenere l'incrollabile fede nel Dio della promessa malgrado la croce, il cui significato salvifico emergeva già nella proclamazione della "risurezione". Le due affermazioni non si trovano sullo stesso piano, la prima dipende dal sapere e la seconda dalla fede in Dio, la prima è follia presso i Gentili e la seconda è scandalo presso i Giudei. Quanto veniamo affermando, senza poterlo qui articolare ulteriormente, costituisce lo specifico dell'esperienza religiosa cristiana, che dolorosamente l'ha distinta dal giudaismo del II tempio, e risulta essere un unicum non comparabile con le ellenistiche religioni dei misteri miranti ad una illuminazione mediante riti nè con le altre religioni orientali, quali induismo e buddismo.
Il riferimento al testo dell'Apocalisse permette dunque di rispondere alle precedenti domande, sul tempo del Natale rispetto all'inizio dell'èra dei Pesci e quello rispetto all'inizio dell'èra dei Gemelli (16,25,42 mesi), anche se il testo non mira a trasmettere una conoscenza del cosmo, ma a mostrare mediante questa e mediante la riflessione sulla tradizione sapienziale (Salmi,Profeti, Proverbi, Sapienza) e sulla tradizione apocalittica la centralità della figura di Gesù in rapporto al cosmo e in rapporto alla storia della salvezza.
Che la dossologia finale della lettera ai Romani di San Paolo, parli al versetto 25 di " rivelazione di un mistero, mantenuto segreto nei secoli eterni" e al versetto 26 della sua rivelazione in quei tempi che,"mediante le Scritture profetiche, secondo l'ordine dell'eterno Iddio, è stato portato a conoscenza di tutti i pagani onde si sottomettessero alla fede" può essere una singolare coincidenza, dato che il capitolo è il sedicesimo. Così da Rom. XVI,25-26 si può scrivere 16,25,26+16 e si giunge al principio (Alpha) se si sa situare il proprio tempo rispetto al Natale (Omega).
b) Apollo e il sistema di calcolo dell’Apocalisse
Rimangono ancora due elementi da spiegare: le 99 stelline e gli smeraldi e gli zaffiri e le perline del tondo.
Una possibile risposta non deve essere ricercata in un eventuale riferimento alla parabola della pecorella smarrita (Matteo,18,12-13). Se tale numero non risulta casuale il suo significato deve essere ricercato nel contesto della croce gemmata. Il significante delle stelle non può essere confuso con quello delle pecorelle, tanto più che queste sono disposte al di fuori del tondo. Può indicare il tempo di due Olimpiadi, o il numero di lune nuove e di lune piene di una olimpiade, cioè 49.5 mesi lunari. In questo ultimo caso designa 49.5 mesi prima del plenilunio di Pasqua del 549, cioè il novilunio di primavera del 545.
Crediamo che sia fuori contesto pensare che tale data segni l'inizio della costruzione della basilica, mentre risulta ben più importante calcolare quanti mesi siano passati dall'inizio dell'èra dei Pesci, cioè 8052 mesi (= 2,14,12 m). Di per sè questo intervallo non significa granché, a meno di non trovare o sapere che esso è proprio quello del ciclo di Apollo che a tali mesi fa corrispondere 651 anni e 35 rivoluzioni dei nodi lunari.(8) Pensare che esso costituisca una "contaminazione" sarebbe giudicare con una moderna esperienza del cristianesimo, a cui sfuggì il legame della cristologia alla cosmologia, e a cui importa meno che mai il significato del mito greco di Apollo, se non in funzione di un topos letterario.
Nella Vita Nova, in una suddivisione tematica di un sonetto, Venite ad intender li sospiri miei, [14(2,12)], c’è anche l’indicazione di quel ciclo.Però dal significato del saluto di Beatrice come specchio del saluto dell'arcangelo a Maria, si può mostrare, come anni fa abbiamo esposto in una pubblica conferenza e in uno studio (9) che con
14,2,12 + 2,14,12 + 9,9 = 16,25,33 mesi
si giunge al tempo dell'annuncio dell'arcangelo rispetto ad una simbolica origine.
Ora, trovare il ciclo di Apollo nella conca absidale di Sant'Apollinare in Classe, conosciuta da Dante probabilmente nell'ultimo periodo della sua vita e durante la sua permanenza allo Studium di Bologna, avvalora la precedente lettura e interpretazione del sonetto, ma non ci autorizza ad affermare che in questo contesto medesimo sia il significato.
Solo dopo aver provato con il calcolo che il ciclo di Apollo non sia stato impiegato per collegare i due pleniluni pasquali, quello del 32 d.C. e quello del 549 d.C. è possibile accettare che vi sia proprio il riferimento al ciclo, ma per quella particolarità che avevamo già visto in Dante. Infatti il controllo con il calcolo mostra che il tondo contiene nei gruppi delle pietre preziose la longitudine del sole alla Pasqua del 32 d.C. (21° 42' 252") mentre la croce gemmata quella del plenilunio pasquale del 549 d.C. (10° 20' ...), calcolati secondo il sistema basato sul ciclo di 4320 anni, che crediamo sia quello dell’Apocalisse e non secondo quello di Apollo.
La caratteristica del sistema (10) dell’Apocalisse è quella di stabilire che il sole sull’arco lento dell’eclittica che va dalla longitudine 336° a 153° il sole si sposti ogni mese lunare di 28° 14’ 7" , cioè con un rapporto rispetto allo spostamento da 153° a 336° pari a [144/153], essendo 30° ogni mese lunare lo spostamento del sole sull’arco più veloce. Se si assume che la longitudine al novilunio del 32 d.C. il sole si trovi a 7° 14’ 28" si ha contemporaneamente tutto ciò che è necessario sapere per calcolare mese dopo mese la longitudine del sole prima e dopo. Questa mi pare l’origine del confronto di Cristo ad Apollo che si trova in alcuni pensatori cristiani o Cristo come il "vero settenario" .
Da ciò consegue una possibile nuova lettura di un celebre mosaico "di una piccola camera selpocrale, nel cimitero che si estendeva lungo la via Corneliana a Roma, sull’area della futura basilica costantiniana di San Pietro." (11). In esso Cristo è rappresentato sul carro solare come fosse Apollo. Il significato del mosaico allora non sarebbe tanto il riferimento alla espressione biblica di Cristo come Sol Iustitiae, Sole di Giustizia, quanto piuttosto che dal mito di Apollo, e precisamente dal suo ciclo espresso in mesi, con una semplice permutazione si ha il tempo del profeta Isaia e di qui si giunge al tempo dell’Annunciazione. L’interpretazione corrente non spiega infatti il riferimento ad Apollo, che non è il sole ma colui che guida il sole.
Significativo a questo proposito è il commento di André Grabar, uno studioso dell’arte paleocristiana: "Come a santa Costanza nel secolo seguente (IV secolo), una decorazione a foglie di vite ricopre la volta, aprendosi solo al centro per lasciar apparire la figura di Cristo con gli attributi di Apollo, la quadriga e i cavalli. Sette raggi di luce illuminano la testa aureolata di questa immagine simbolica, la quale evoca manifestamente il Redentore come "vero sole". Sui muri, le tessere del mosaico sono cadute e si distinguono soltanto la sagoma del Buon Pastore, quella del pescatore con la lenza e quella di Giona gettato in mare e inghiottito dalla balena. I temi di questo piccolo ciclo iconografico sono quelli dei più antichi sarcofaghi cristiani, eccetto forse quello della personificazione del Sole, che però riappare su un mosaico di Sant’Aquilino, a Milano (V secolo): è un’immagine astrale conforme al gusto degli iconografi cristiani anteriori e contemporanei a Costantino" (12).
Nel mosaico campeggiano in primo piano due cavalli bianchi e la figura di Cristo con i sette raggi si erge dietro a loro che lasciano intravvedere una ruota. Stranamente i cavalli non trascinano il carro solare.
In base a quanto finora esposto su sant’Apollinare in Classe è possibile dire che il mosaico traduce sul piano iconografico la seguente informazione:
La salvezza del mondo, Salus mundi, avvenne con il sole a L° 7° 14’ 28" , a 28,27 mesi dall’origine in Pesci. Tale salvezza fu profetizzata al tempo segnato da 14,2,12 mesi e annunciata dopo 2,14,12 + 7+2,7+2 mesi.
Ritornando alla conca absidale di Sant’Apollinare in Classe si può dunque vedere come porre nel bordo del tondo e nella croce del centro le due longitudini del sole sia conforme alla regola della comunicazione corretta, perchè nel rapporto di centro e circonferenza sono posti in rapporto due tempi culturalmente e religiosamente significativi e congruenti l'uno all'altro. Nel tempo della commemorazione liturgica della Pasqua di un certo anno il fedele con il pensiero, la preghiera e la lode va a quell'altra Pasqua e se è un fedele colto e curioso legge e controlla i dati preziosi per la conoscenza, ben rappresentati da gemme e pietre preziose.
Ricordando inoltre che Gerberto di Aurillac fu per un breve periodo arcivescovo di Ravenna, poco prima di essere papa, non è una sorpresa constatare che dal valore del tondo in san Apollinare in Classe si può ritrovare con il medesimo sistema il valore di 11° 12’ (e 6") per il plenilunio di primavera del 6 a.C. indicato in una miniatura (28ma) nell’Apocalisse di Bamberga e da questo valore giungere alla longitudine del sole al plenilunio di giugno del 1000 d.C. con il sole a 93°, indicato nella prima miniatura. Sarebbe un bel risultato storico se si potesse comprovare con documentazione di fonti scritte una relazione di Gerberto di Aurillac con il maestro di Bamberga, con il maestro che ha concepito le 50 miniature dell’Apocalisse di epoca ottoniana, trovando sue eventuali lettere al vescovo di Bamberga.
NOTE
(1) HERNST HARNISCHFEGER, Die Bamberger Apokalypse, Verlag Urahhaus Johannes M. Mayer Gmbh & Co Stuttgart. Sulla miniatura al tempo degli Ottoni cfr. AA.VV., Il secolo dell’anno Mille, Rizzoli 1974 pp.135-155.
(2) HERMAN H. GOLDSTINE, NEW AND FULL MOONS, 1001 B.C. to A.D. 1651, American Philosophical Society, Philadelphia 1973
(3) GIANFRANCO BUSTACCHINI, Ravenna, i mosaici, i monumenti, l'ambiente, Ravenna, 1984, pag.141. Sui mosaici in Sant’Apollinare in Classe cfr.ANDRE’ GRABAR, L’età d’oro di Giustiniano, Dalla morte di Teodosio all’Islam, Rizzoli 1966, pp.136-141
(4) GERD HEINZ-MOHR, Lessico di Iconografia cristiana, I.P.L. Milano 1984, pag.281
(5) G, HEINZ-MOHR, op.cit., pag 128
(6) G, HEINZ-MOHR, op.cit., pag 282
(7) HUGO RAHNER, Miti greci nella interpretazione cristiana, EDB Bologna 1990, pag. 157
(8) GIOVANNI FERRERO, Il sapere di Apollo. La cosmocronologia arcaica secondo il codice iconico narrativo greco, in Quaderni di Storia della Fisica, 2, Bologna 1997, pag. 3-24.
(9) GIOVANNI FERRERO, il secreto dell’arcangelo Gabriele, Ermetismo e Cristianesimo nella genesi dell’opera di Dante secondo il quadro cosmologico della Sapienza arcaica, in DSU, Rivista del Dipartimento di Scienza dei processi conoscitivi, Anno I,1 - Giugno 1996, pp.137-182. Sulla Vita Nova cfr, G. FERRERO, In lode di Dante. Sapere astronomico pubblico e tradizione sapienziale nella data di morte di Beatrice, in CRITICA LETTERARIA, 108, Loffredo Editore - Napoli pp.419-438.
(10) GIOVANNI FERRERO, Le radici nascoste della civiltà europea, Saggio sulla cosmoteofania arcaica greca, ebraica, cristiana, in LO SCRITTOIO, A.1 N.1, Bologna 1989, pp.29-30
(11) ANDRE’ GRABAR, L’Arte paleocristiana (200-395), Rizzoli, Milano 1967, pag. 80.
(12) André Grabar, op.cit., pp. 80-81.