Manifesto e nascosto nel ConvivioIl quadro scientifico dell’esoterismo di Dante
Costei pensò chi mosse l’universo. Convivio,III, Canzone,72 …legar sé con numero
e con rime Convivio, I, XIII, 6 Questo sarà luce
nuova, sole nuovo, lo quale surgerà Là dove l’usato
tramonterà e darà lume a coloro Che sono in tenebre
e in oscuritade, per lo usato sole che a loro non luce. Convivio, I, XIII,12 I temi e i problemi del Convivio, in rapporto alla Vita Nuova e in rapporto alla Commedia, sono decisivi per la comprensione del percorso di Dante: un percorso unico in tutta la storia della cultura occidentale. È chiaro l’intento del trattato incompiuto: il Poeta vuole apparecchiare una “mensa” alla quale sono invitati tutti quelli che, impediti da varie circostanze, non hanno avuto accesso al sapere. Tuttavia c’è da comprendere la natura particolare del cibo di quella mensa: «Oh beati quelli pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca! e miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo»[1]. La scelta della lingua volgare si giustifica per quando il latino non sarà più la lingua dei colti e per quei contemporanei agli occhi dei quali il latino non è sole che brilla. Nell’esporre il suo legame alla lingua volgare e quanto le debba, Dante osserva che innanzi tutto fu la lingua dei suoi genitori e concorse in qualche modo alla sua generazione, poi, grazie al volgare ebbe l’accesso alla conoscenza del latino il cui apprendimento gli aprì la via alla lettura dei testi della scienza. Dall’ipotesi «se lo volgare per sé studiare potesse» trae una conseguenza apparentemente paradossale: il volgare ricercherebbe la propria stabilità e la troverebbe soprattutto nel legar sé con numero e con rime. Non crediamo che in queste parole vi sia solo la funzione della metrica e del ritmo musicale: infatti la stabilità non riguarda la lingua che muta. Pensiamo piuttosto che il “legar sé con numero e con rime” concerna la stabilità di ciò che è comunicato. Lo studio costante del Poeta fu proprio questo ed è all’origine della sua peculiare ars dictandi. Capire questo punto è decisivo ed è il compito che ci prefiggiamo nelle pagine seguenti. L’espressione – pane degli angeli – ha un significato tecnico, che egli ha cura di indicare quando pone la questione delle sostanze separate. Si tratta della dottrina delle intelligenze motrici: «È adunque da sapere primamente che li movitori di quelli [cieli] sono sustanze separate da materia, cioè intelligenze, le quali la volgare gente chiamano Angeli »[2]. La corrispondenza “sostanze separate, motori dei cieli, angeli” fornisce la chiave per la intelligenza dell’espressione, solo se si parte dalla conoscenza della struttura del movimento dei cieli e dalla ragione squisitamente astronomica della introduzione della nona sfera. Per comprendere la struttura del movimento dei cieli è necessario sapere quanto segue. Il cielo stellato, quello dell’ottava sfera, ha un movimento giornaliero attorno al polo visibile, mentre per il moto della nona sfera l’asse dell’ottava sfera compie una lentissima rivoluzione attorno al polo invisibile della nona sfera. Per noi il polo visibile è il polo dell’equatore celeste, mentre il polo invisibile è il polo dell’eclittica, cioè del piano su cui apparentemente si muove annualmente il sole e sul quale avvengono le eclissi. Così è anche per Dante, a cui pare necessario che i lettori, affinché possano comprendere le sue poesie, sappiano anche che i due assi dei poli formano un angolo di 23° e «uno punto più»[3] (Convivio, III,5,14), e quali siano le conseguenze derivanti da tale angolo. Con il termine punto gli astronomi greci intendono mezzo grado. Nel capitolo
XIV del II trattato[4], troviamo la
strada per la comprensione del risvolto tecnico delle sostanze separate
senza materia, oggetto della metafisica. Le corrispondenze strutturali alla
Fisica e alla Metafisica, che Dante assegna ai due poli e ai due movimenti,
secondo se sono visibili o invisibili, precisano il luogo proprio del sintagma
- pane degli angeli- all’interno della questione della nona sfera. Il
sintagma riguarda la conseguenza prodotta dal movimento dell’asse del cielo
lungo una circonferenza, il cui centro è il polo invisibile dell’eclittica.
Questo polo infatti significa le cose che sono sanza materia, che non sono
sensibili, de le quali tratta la Metafisica. La conseguenza per l’ottava sfera delle stelle fisse riguarda l’aumento in longitudine delle stelle di un grado ogni cento anni, cioè 36 secondi all’anno, seguendo Alfargano e Tolomeo; è una conseguenza che riguarda il calcolo e l’espressione del tempo e non certo la sua misura. Il sintagma pane degli angeli pare esprimere metaforicamente quell’aumento della longitudine delle stelle, con l’indicazione del cibo che conserva la vita e la fa crescere. Così la misura del tempo trascorso può esprimersi nell’arco di precessione. Infatti si tratta di sapere il tempo trascorso dal cominciamento del mondo dato mediante l’arco di precessione: poco più di un sesto, che fanno poco più di 6000 anni al 19 agosto 1293 (e noi siamo già ne l'ultima etade del secolo), se si segue la misura di 1° ogni cento anni, quando il pianeta Venere rispetto al Sole è ritornato nella stessa situazione in cui era alla data della morte di Beatrice. Il pianeta infatti si trovò a quella data 14° prima del Sole. Ė il medesimo numero delle canzoni previste per quella mensa su cui è distribuito il pane degli angeli[5]. Se è vero che la questione fondamentale del calcolo del tempo è connessa alla questione delle sostanze separate senza materia e al pan degli angeli, cioè che è necessario saper esprimere i tempi trascorsi secondo tutti i possibili modi derivati dalla precessione degli equinozi e dai moti delle altre sfere per la lettura della sua poesia – e Dante non dimentica di riportare la definizione aristotelica di tempo come numero secondo il prima e il poi – si tratta allora di vedere come i numeri che esprimono gli intervalli e le longitudini possano essere comunicati mediante le composizioni poetiche. Qui si apre la questione della composizione arcaica dell’antichità, composizione che allora definiva lo statuto della comunicazione culturale. Dante rappresenta la ripresa dotta e artistica di tutte le possibilità di comunicare legate a quella teoria e pratica del comporre. Si pone inoltre la questione dell’esoterismo, che non significa affatto discorso ad iniziati o impiego di un codice o di un linguaggio segreto: è sufficiente la conoscenza tecnica dell’astronomia. Quando si sappia ciò che si deve raccogliere nella lettura, il testo dantesco è chiarissimo e non necessita di particolare decodificazione. Dante, infatti, ha sempre cura di indicare che cosa si deve sapere per comprendere. Il punto di partenza per la nostra esposizione è dato dal verso 72 della seconda canzone del Convivio, che presenta un significativo riferimento alla Donna-Filosofia-Sapienza: 72 Costei pensò chi mosse l’universo. Che la sapienza accompagnasse Dio al mattino del mondo i testi biblici della liturgia lo ricordano e i passi citati da Dante sono tutti derivati dall’uso liturgico dei testi sapienziali, soprattutto nelle feste della Vergine. Ma che il verbo mosse occorra al verso 72, e che siano necessari 72 anni affinché l’asse del mondo compia un arco con centro il polo dell’eclittica di un grado è un’esemplificazione di ciò che implica l’espressione legar sé con numero e con rime. Se il lettore non ha preso sul serio i riferimenti astronomici e non li ha studiati non s’accorge nemmeno di quell’occorrenza e non trae la conseguenza che la costante annuale di precessione, per usare un nostro linguaggio, è di cinquanta secondi, il cui numero nella lingua greca si dice pentecoste. Il medesimo termine però ricorda su di un altro piano la festa cristiana della Pentecoste. Qui c’è da osservare che, se Dio muove il mondo in quanto amato in Aristotele, l’amore si appropria allo Spirito santo nei trattati sulla Trinità da Sant’Agostino in poi. Questa corrispondenza, sia pur in una dissomiglianza di tradizioni culturali, è la ragione profonda della presenza del XII della Metafisica di Aristotele nel Convivio e nella Divina Commedia, Non tutte le volte in cui ricorre il numero 72 è possibile vedere un’allusione alla legge della precessione. Qui abbiamo la completa corrispondenza del significato del numero al significato del verso. Chi non si domanda con quale legge Dio mosse l’universo non potrà vedere nel numero del verso l’inizio della risposta alla sua domanda. Infatti l’universo è mosso con la legge per la quale sono necessari 72 anni per un arco di precessione di 1°, legge ben diversa dalla tradizione dell’astronomia greca, citata da Dante con il riferimento al testo di Alfargano. Si tratta ora di articolare il percorso che Dante racconta di aver compiuto nell’intervallo dalla morte di Beatrice all’apparizione della Donna-Filosofia-Sapienza, sulla base del significato tecnico, precedentemente esposto, del sintagma pane degli angeli. Ci rendiamo conto delle difficoltà di comprensione che i lettori potranno incontrare, perché le conoscenze tecniche che il discorso implica sono veramente tante. Tuttavia, chi desidera ripensare le tradizionali interpretazioni e cogliere l’ulteriore significato dell’opera del sommo Poeta, seguendolo senza smarrirsi (Paradiso II, 1-6), potrà farlo munendosi di carta , penna ,calcolatrice o computer dotato di apposito programma[6]. Leggere Dante comporta anche impostare una serie di operazioni dopo aver colto il significato del testo. Qui esporremo le sequenze numeriche che strutturano e vengono comunicate nelle canzoni. La prima canzone, Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete, che apre il Convivio vero e proprio, riguarda la comparsa della Donna-Filosofia-Sapienza ed è una novità il cui tempo è da segnare rispetto a quello della morte di Beatrice: da allora ci furono due giri sull’epiciclo del pianeta Venere. Sul piano stilistico e di contenuto è stato osservato che nel verbo intendendo del primo verso c’è un riferimento al verso 43 di Al cor gentil di Guido Guinizzelli[7] : ella intende suo fattor oltra ‘l cielo. Cerchiamo dapprima di comprendere la canzone di G.Guinizzelli, dando per noto il contenuto della canzone che si articola in sei stanze di dieci versi ciascuna. L’assimilazione della donna alla stella si trova espressamente al verso 20: donna a guisa di stella lo innamora. Come la stella dà valore alla pietra preziosa che brilla per la luce del sole, a differenza del fango, così la donna fa innamorare il cuore gentile. L’amore suscitato è fuoco che sospinge verso la nobiltà e in quanto fuoco è assimilabile alla potenza del sole. E amore, come Cupido, è anche il nome di una stella nella tradizione poetica latina, stando a quanto ci dice Manilio che dichiara che puer Cupido è la stella che sta sotto la fronte del Toro. Tuttavia i versi che danno unità a tutta la composizione sono quelli richiamati dal primo verso della canzone di Dante: «Splende ‘n la ‘ntelligenza del cielo/Dio criator più che [‘n] nostr’occhi ‘l sole;/ella intende suo fattor oltra ‘l cielo», con i quali viene dichiarato che Dio splende ad un’intelligenza del cielo, cioè ad un angelo, più che il sole ai nostri occhi. Se nel Convivio l’intelligenze motrici “intendendo” muovono il terzo cielo, e sono al plurale perché il pianeta Venere è soggetto a tre movimenti, l’intelligenza di cui parla Guinizzelli intende oltre il cielo delle stelle fisse, implicando in quell’oltre la nona sfera, quella che, presiedendo alla precessione degli equinozi, fa aumentare ogni anno di cinquanta secondi la longitudine di tutte le stelle. La conseguenza è questa: al tempo in cui Guinizzelli colloca la sua canzone c’è una stella dell’ottava sfera, la cui longitudine, espressa secondo il moto della nona sfera, dice il tempo di un evento fondamentale che coinvolge il suo fattor. In questo modo siamo orientati a ricercare due espressioni temporali (x,y) che debbono coincidere, partendo da due origini diverse, che segneremo con To per il cominciamento del mondo e con T1 per l’altro inizio. Ciò che deve essere cercato è allora una espressione algebrica di questa forma: To + x = T1 + y. Quale sia l’evento che definisce la seconda origine sarà chiaro in seguito. Il termine/termini chiave per la lettura della canzone di G. Guinizzelli, di cui è necessario ricercare il numero del verso dell’occorrenza è pertanto stella/stelle. Altre occorrenze sono forse possibili e Dante lesse questa canzone con un occhio ben più addestrato del nostro. Le occorrenze per stella/stelle sono le seguenti: stella: vv.13, 17, 20; stelle: v. 40 Canzone di 6 stanze di 10 versi per un totale di 60 versi La similitudine della donna alla stella si ritrova al verso 20. Questo è il primo termine della successione temporale. Il primo termine della successione delle occorrenze invece, è il 13: rimangono 47 versi. Il secondo termine sarà dato da (60-13), cioè 47. Lo schema metrico della stanza è AB AB .. Quindi per il principio della analogia dei versi e per il “legar sé con numeri e con rime” il terzo termine dovrebbe essere nuovamente 20, che riprende il primo termine. Pertanto il tempo presente della canzone calcolato dall’origine viene espresso dalla seguente successione numerica di mesi lunari: To + 20,47,20 mesi lunari Fin qui è rimasto fuori il numero del verso (17) della seconda occorrenza, che dovrebbe essere pertanto il primo termine della seconda successione temporale. Esso esprime il numero di gradi di precessione ( = pane degli angeli), riferendosi alla stella associata all’Intelligenza del verso 43. Se abbiamo correttamente colto il significato di quei versi, ne consegue che la longitudine della stella al tempo della canzone, espresso in rapporto al secondo inizio temporale (T1), abbia lo stesso valore di quello che determina il tempo dell’evento simbolico, che definisce la seconda origine temporale, calcolata rispetto al cominciamento del mondo (T0). Nel contesto culturale del medioevo cristiano, se l’inizio è la creazione, il secondo tempo simbolico che coinvolge Dio è quello dell’incarnazione. Ciò che si cerca allora sarà l’angolo che sottende l’arco di precessione dal Natale fino al tempo di Guinizzelli. Da ciò consegue necessariamente che tale arco indica anche la longitudine della stella al cominciamento del mondo. Infatti il tempo necessario affinché la stella segni l’equinozio di primavera è identico al tempo trascorso dal Natale di Cristo al tempo presente della canzone. Così Dio è detto da Guinizzelli creatore. Conoscendo il tempo di composizione, e Dante poteva ben conoscerlo, si potrebbe sapere l’ordine di grandezza del secondo termine. Oltre 30 primi, dato che dividendo per 72 1266 si ottiene 17° 35’ di precessione e inferiore ai 43 primi essendo già morto nel 1276: 1276/72 = 17° 43’ 20”. Il secondo termine, data la successione delle occorrenze, sarà allora 37 primi (17+20) e il terzo valore 40 secondi e il quarto 60-13, 47 terzi. Il tempo presente della canzone calcolato rispetto al Natale viene espresso dal seguente arco di precessione: T1 + 17° 37’ 40” 47’” Le due espressioni possono ora essere eguagliate per il noto assioma che cose uguali ad una terza sono uguali tra loro.Se il lettore trasforma direttamente i gradi in mesi lunari oppure i gradi in anni solari e gli anni solari in mesi lunari verrà a sapere anche che tale intervallo corrisponde a 4,21,38 (= 15698) mesi lunari da cui può calcolare l’intervallo rispetto al principio del Natale: To + 20,47,20 mesi = T1 + 4,21,38 mesi Da cui sottraendo ad entrambi i membri dell’equivalenza la stessa quantità, cioè 4,21,38, si ottiene l’intervallo temporale dell’evento che definisce la seconda origine, si ottiene cioè il tempo del Natale: T0 + 20,47,20 –[4,21,38] = T0 + 16,25,42 mesi = T1 In questo apparentemente fantasioso calcolo del tempo non si è fatto ricorso a nessun calendario e pertanto appartiene ad un racconto storico che non è conforme alla nostra cultura. Allo stesso risultato si può giungere, analizzando la prima canzone del Convivio. Il riscontro sarà un indizio, se non proprio una prova, che Dante lesse per questo punto nello stesso modo la canzone di Guinizzelli. Infatti la canzone Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete si articola in quattro stanze di tredici versi con un congedo di nove. Non ci vuole molto a vedere, ricordando il legame di numero e rime, che 4,13+9,-(13+9) è equivalente a 4,21,38 mesi, cioè il tempo espresso in mesi dal Natale al tempo della canzone di Guinizzelli. L’intervallo che si ottiene dalla struttura della canzone di Guinizzelli, sei stanze di dieci versi con occorrenza “stella/donna” al verso 20, e “pietra preziosa” al verso 12, è, in analogia alla prima canzone del Convivio, 16,26,-6 mesi, 12 mesi dopo il tempo simbolico per il Natale. Sappiamo che nel 1287 Dante soggiornò sei-sette mesi a Bologna e che questo breve periodo (estate 1286 e i primi mesi del 1287) segnò il suo nuovo modo di poetare. Se le primissime rime risentono del guittonismo quelle riconducibili a questi mesi si rifanno allo Stilnovo bolognese, come la canzone Donne che avete intelletto d’amore della Vita Nuova. Se correttamente abbiamo identificato ciò che significa e implica il legame di “numero e rime” dovremmo trovare nella struttura di questa canzone della Vita Nova e in almeno una occorrenza l’applicazione alla tecnica di composizione del sapere cosmologico. La canzone è costituita da 5 stanze di 14 endecasillabi ciascuna e suddivisa in tre parti di 14,42,14 versi. Tralasciamo per ora le ulteriori suddivisioni della seconda parte. Il termine donna occorre ai versi 2,31,48. Al v. 31 si accompagna con l’aggettivo gentil. Chi vuol apparire gentile donna deve accompagnarsi con quella di cui Amore celebra le lodi e magnifica i suoi ornamenti, deve cioè accompagnarsi a Beatrice. L’espressione numerica per determinare l’intervallo temporale deriva dalla suddivisione primaria della canzone, e l’origine è il tempo in cui la stella del Toro (chiamata Amore/Cupido) segnò l’equinozio di primavera. La seconda parte di 42 versi è suddivisa secondo il rapporto di ottava discendente, 14 e 28. Il terzo termine sarà il doppio del secondo: 14,28,56 mesi. Dato questo, è necessario ricercare la misura di una stella al tempo in cui a Tau alias Cupido misurava in longitudine il valore corrispondente a 14,28,56 mesi lunari. L’imperativo vada con lei rivolto a chi gentile vuole apparire, se deve essere riferito ad una stella, implica che si ricerchi la sua longitudine. L’occorrenza di gentil donna è al verso 31 e rimangono 39 versi alla fine della canzone, Allora al tempo (14,28,56 mesi) indicato da Amore, la stella legata alla donna che deve accompagnarsi a Beatrice misurava in gradi l’equivalente di (70-31),31 mesi, espressione derivata dalla suddivisione dei settanta versi della canzone dall’occorrenza di gentil donna al verso 31. Cinque sono le stanze e i versi quattordici. Nella differenza tra 14 e 5 si ritrova il numero di Beatrice. Con i termini numerici della misura dell’altra stella, è possibile realizzare sul piano della scrittura l’imperativo del verso 32: scrivere cioè 9,39,31[8]. Essi sono i gradi della stella di Beatrice al tempo di origine. Come abbiamo anticipato, non è possibile leggere in senso forte la poesia di Dante senza scrittura di numeri. Un riscontro immediato si ritrova nel sonetto Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io, proprio ai famosi e tormentati versi : 9: E monna Vanna e monna Lisa poi/ 10: con quella ch’ è sul numer de le trenta. Infatti per la stella di Beatrice, si ha 9, 9+30, 30+10-9 con un struttura circolare nella lettura e scrittura. Ricerchiamo ora la distanza angolare (differenza di longitudine) tra la stella di Beatrice e quell’altra della gentil donna che deve a lei accompagnarsi. L’indicazione si ha nell’ultima suddivisione di otto a sei della seconda parte. Le due stelle stanno tra loro come il Sole e la Luna, quando questa è all’ultimo quarto, quando la Luna si trova a 90° prima del Sole. Se non si sa quanti mesi corrispondono a 90° di arco della precessione, tutte queste informazioni risultano vane per i calcoli e non risalta l’unità della composizione. Se non si vuole ricorrere al calcolo, è necessario ricercare ulteriormente nella canzone. Si è applicato il rapporto di ottava discendente e quello di quarta discendente, la loro differenza esprime il rapporto di terza discendente, cioè 2/3. I mesi che saranno trovati sono relativi ai due terzi di novanta, cioè a sessanta gradi di precessione. Si riscriva con ordine diverso il numero dei versi in cui occorre il termine donna, cominciando dal 31, risultato decisivo per la lettura. L’insieme delle occorrenze è dato da 31,48,2. Si provi a procedere in modo analogo scrivendo 31,50, sull’esempio di 31,39. Il terzo termine mancante nel contesto del procedimento di lettura appare allora essere il quattordici, dal numero dei versi di ciascuna stanza. Allora l’espressione 14,50,31 mesi lunari equivalgono allo spostamento retrogrado degli equinozi, ovvero al moto della nona sfera di 60 gradi, corrispondenti a 4320 (60*72) anni tropici. Si hanno in mano tutti gli elementi per scrivere la longitudine di tre stelle al tempo di origine, quella cioè di Aldebaran, di Andromeda e di Sirio, la regina del cielo. Inoltre si ha il rapporto per trovare l’equivalenza dei gradi del moto della nona sfera con il moto della sfera della Luna associata a quella del Sole, trasformare cioè il numero dei mesi in angoli della precessione. Ritornando all’incontro decisivo con la canzone di Guinizzelli, il giovane Dante si è trovato dinnanzi a due problemi, uno storico-scientifico e l’altro poetico-letterario. Il volgarizzatore del Roman de la Rose intuì la distanza e la novità sul piano espressivo e ne trasse quelle conseguenze sul piano formale e dottrinale del comporre “rime d’amore”, di cui la più tarda canzone Donne che avete intelletto d’amore annuncia il programma compiuto nella sua prima tappa. Tuttavia solo con la comprensione dei versi 41-43 che portò a trovare la longitudine di Rigel in 16,25,42 mesi lunari, si determinò agli occhi del giovane poeta un progetto scientifico grandioso. Ricostruire il catalogo delle stelle alla base dei racconti della cultura antica e trovare le informazioni storiche per convertire gli intervalli temporali in date del calendario cristiano e, infine, trovare con l’invenzione poetica il modo di raccontare una vicenda amorosa con l’indicazione di una data necessaria per quella conversione cronologica. Il compito che Dante si era assunto comportava innanzi tutto lo studio della cronologia astronomica e la trovò nel primo capitolo del manuale di Alfargano, che gli permise anche una accurata conoscenza della sfera celeste e dei moti del Sole e della Luna. L’evento la cui data doveva essere trovata era quello del Natale, e Dante trovò la soluzione e la espose nella Vita Nova sotto la figura del saluto di Beatrice, una vera e propria salutatio angelica. Il saluto di Beatrice è lo specchio di un altro saluto, quello dell’arcangelo Gabriele a Maria con l’asse temporale di simmetria dato dalla morte del profeta Muhammad, avvenuta l’8 giugno del 632, nel cui anniversario Dante situa la morte di Beatrice, 8 giugno 1290. L’asse di simmetria non è perfetto ed è necessario sottrarre, per il tratto dalla Morte del Profeta all’Annunciazione, alla misura dell’intervallo dal Saluto di Beatrice alla Morte del Profeta, una appropriata quantità di mesi esprimibile con il numero del tre e del nove (3.-9 mesi = 171 mesi). Su questo punto rimandiamo al nostro saggio.[9] Infine parte del catalogo stellare si ritrova nelle varie figure femminili presenti nella Vita Nova o nelle Rime. Cerchiamo ora di configurare il percorso dantesco dalla morte di Beatrice fino a quell’apparizione della Donna-Filosofia, che in termini letterari, secondo la vicenda della Vita Nuova, comportò un conflitto tra due amori. Nella lettura della canzone di Guinizzelli, trovato l’intervallo per il tempo simbolico del Natale, in 16,25,42 mesi lunari dal cominciamento del mondo, e risolto il problema della conversione di tale intervallo in una data secondo il calendario cristiano si poneva anche, dapprima come esercizio, la trasformazione dei mesi in valori angolari di precessione, cioè trovare la quantità del “pane degli angeli” per il medesimo intervallo espresso in mesi. Sul piano del calcolo era sufficiente applicare il rapporto che sottende al ciclo lunisolare 60° = 60*72 anni tropici = 14,50,31 mesi lunari, ciclo trovato nell’analisi della canzone Donne che avete intelletto d’amore. Ora non è necessario che chi applica tale rapporto sappia tutte le implicazioni che tale ciclo comporta sul piano del sapere astronomico. Così il calcolo: 60° * [16,25,42]:[14,50,31] ha come risultato un dato, 66°,41313.., che di per sé agli occhi di chi sa applicare solo il rapporto di conversione non rimanda a null’altro. Tuttavia la straordinaria competenza acquisita da Dante per risolvere il problema della conversione degli intervalli espressi in mesi dal cominciamento del mondo in date secondo il calendario cristiano, accompagnata dalla memoria dei testi biblici, che si recitavano o si leggevano durante le feste liturgiche della Vergine, metteva in nuova luce quella longitudine trovata con il calcolo. Se formiano una tabella per i due poli, quello visibile del cielo e quello invisibile dell’eclittica, si apre un universo di significati e un nuovo orizzonte di ricerca ben più importante del significato nascosto nell’episodio letterario del saluto di Beatrice..
I dati della tabella si ritrovano tutti nelle pagine di Dante e la differenza appare immediatamente come l’angolo del piano dell’eclittica sul piano dell’equatore e viceversa. La struttura dell’universo è qui presente e ci dice come sia fatto l’universo. Tale sapere appartiene pertanto a quella sapienza di cui parla l’Ecclesiastico e i Proverbi, testi tutti citati nel Convivio. La longitudine del tempo (simbolico) del Natale è pertanto derivabile dal valore angolare della distanza del polo dell’equatore da quello dell’eclittica nel sistema di coordinate dell’equatore celeste oppure da quello della distanza del polo dell’eclittica da quello dell’equatore nel sistema di coordinate dell’eclittica. Così diviene significativo che Dante citi anche Isaia XI, che secondo il primo e il secondo versetto annuncia che lo Spirito di Dio si poserà sul fiore (flos) della radice di Jesse. Una tale riscoperta, ben presente anche in San Bonaventura e ben prima in San Paolo (I Cor. 2-9), poteva essere detta a condizione che non fosse direttamente ed esclusivamente un commento ai testi dell’Antico Testamento. La filosofia di Aristotele con la interpretazione del libro XII della Metafisica si prestava a far da cornice e a mediare la visione della Sapienza, legata alla creazione del mondo e all’incarnazione del Verbo. Sorprendentemente la Donna-Filosofia-Sapienza apparve a Dante nel mese di Ramadam del 692 dell’era islamica. Ciò che a noi appare una coincidenza può forse gettare una nuova luce su quel conflitto tra i due amori. Infatti se nel traviamento di Dante dopo la morte di Beatrice, così drammaticamente ripreso nella confessione con lacrime nel canto XXXI del Purgatorio, ci fosse qualcosa di diverso da un innamoramento per una “pargoletta”, si potrebbe ravvisare una iniziale e interiore ammirazione della via islamica alla conoscenza di Dio. E le serene del verso 44 del canto XXXI più che alle lusinghe dei sensi, fanno pensare alla seduzione del sapere che si trovava nei codici arabi delle opere scientifiche, che provenivano, tradotte in latino, da Toledo o dalla Sicilia. Al termine della drammatica confessione a Beatrice, ciò che il Poeta vide ha allora un rapporto significativo con la natura del suo traviamento: i suoi occhi vider Beatrice volta in su la fiera/ch’è sola una persona in due nature (Purgatorio, XXXI, 80-81). Beatrice contempla proprio ciò che l’Islam rifiuta. Segnaliamo questa ipotesi di lettura come suggerimento per ulteriori ricerche. Cerchiamo ora di analizzare la seconda canzone per mostrare il legame dei numeri alle rime. Se la Donna-Filosofia-Sapienza è nello stesso tempo legata alla creazione del mondo e alla incarnazione del Verbo, che in sé contiene ogni sapienza, si tratta di vedere come nella seconda canzone un tale sapere sia presente nella sua stessa struttura. La canzone è composta da cinque stanze di diciotto versi ciascuna, e al dodicesimo di ciascuna stanza occorre un verso settenario. Al verso 66 occorre il termine trono, impiegato nel significato di folgore. Ė questo un termine tecnico della cosmologia arcaica per indicare la differenza tra l’anno sidereo e l’anno tropico, differenza dovuta alla precessione degli equinozi. Ogni 72 anni l’arco di precessione aumenta di 1°, ogni 1488 (24,48) anni la differenza chiamata fulmine è di 21 giorni. Il primo termine della successione temporale sarà 66 e il secondo 90, dal numero dei versi. Si osservi come in questi termini numerici si ritrovano i 90° per il polo celeste e i 66° per il polo dell’eclittica, il cui termine tradizionale è proprio il trono, come nel capitolo IV dell’Apocalisse. Si calcoli il numero dei mesi corrispondenti all’intervallo 66;90 = 67;30 giorni di differenza tra anno sidereo e anno tropico. Essi sono 59155.75 (16,25,55.75) 13.75 mesi in più di quelli corrispondenti all’arco di precessione pari alla latitudine del polo celeste e 1.75 mesi in più se l’intervallo considerato è quello al dodicesimo mese dopo il Natale. L’occorrenza del verso settenario è sempre al dodicesimo della stanza, i cui versi sono endecasillabi. L’intervallo di 1.75 mesi corrisponde a 7” 4”’ 28IV di arco di precessione e a 0;0,7,11,18 giorni di differenza tra anno sidereo e anno tropico. In questa seconda successione abbiamo l’indicazione del settenario, dell’endecasillabo e del numero dei versi della stanza. Pertanto deve essere sottratto a 67;30 la quantità 0;0,7,11,18: Abbiamo il tempo iniziale (To), il tempo intermedio (T1) e il tempo della canzone (T2). Allora T1 + 12 mesi = To + 67;30,-7,-11,-18 giorni di fulmine = 59154 mesi = 16,25,54 mesi è l’espressione dello schema temporale su cui è strutturata la seconda canzone del Convivio, corrispondente allo schema della canzone di Guido Guinizzelli. Analogamente alla prima canzone, la cui successione 4,22,-22 mesi era in rapporto alla stella della canzone di Guido Guinizelli, cioè Rigel, così c’è da attendersi che la successione (18+5),18,-5 mesi corrisponda alla longitudine di un’altra stella al tempo della seconda canzone del Convivio. Ciò che importa sapere è il valore iniziale della stella, altrimenti non possiamo situare nel tempo la canzone Amor che nella mente mi ragiona. Questa canzone è caratterizzata, come precedentemente riferito, dal settenario che nelle cinque stanze occorre sempre al verso dodicesimo. Se su questa caratteristica formiamo l’ intervallo (7-5),-(7+5),-14, e lo sottraiamo all’intervallo 23,18,-5 si ottiene l’intervallo 21,30,9 mesi, che scritto nel modo seguente: 1290*60 + 9 , fa apparire l’anno secondo il calendario cristiano e il nono mese secondo il calendario siriaco dell’unica data conosciuta dal lettore della Vita Nuova, quella della morte di Beatrice. Egli sa anche il giorno secondo il calendario d’Arabia, il nono, da cui trae, dividendo per nove 21,30,9 mesi, il valore della stella di Beatrice al tempo zero (To) e così può trovare il tempo della canzone rispetto al cominciamento del mondo: 21,-5,-26 mesi. Il plenilunio corrispondente secondo il calendario cristiano è il plenilunio pasquale del 1300, capitato il lunedì 4 aprile[10]. Questa data, come si sa, segnerà il quadro temporale del viaggio di Dante nella Divina Commedia. Se l’enigma forte della poesia di Dante può essere in parte risolto da una metodologia di lettura che implica, come abbiamo mostrato, la conoscenza del sapere cosmologico arcaico e l’applicazione di tale sapere all’arte di comporre “rime d’amore” legando numero e rime, la figura del notaio bolognese risulta essere ben più di un semplice suggeritore: è una fonte di conoscenza, la cui origine per il notaio bolognese forse si trovava in sant’Apollinare in Classe. Dante stesso nell’ultimo periodo ravennate poteva contemplare nell’affresco della basilica[11], quel sapere che ricercò e coltivò per tutta la vita, già ben presente nella struttura e nel contenuto della canzone Al cor gentil reimpaira sempre amore. Giovanni Ferrero Storia della scienza e delle tecniche. Università di Genova [1] L’edizione di riferimento delle opere di Dante Alighieri è quella dei Classici Ricciardi Mondatori, Milano, Napoli 1995: Vita Nuova Rime, Volume I, Tomo I; Convivio, Volume II, Tomo I-II. Convivio,I,1,7 [2] Convivio,II,IV,2 [3] Convivio, III,5,14 [4] Convivio II,XIV,9-13. [5]Approssimativamente, facendo gli opportuni calcoli, all’ 8 giugno 1290 il Sole si trovò a 84° e Venere a 70°, mentre dopo due giri sull’epiciclo Venere era a 140° e il Sole a 154°. [6] Possiamo venire incontro al lettore di Dante rendendo disponibile un nostro programma di calcolo astronomico alla pagina : http://www.dismec.unige.it/testi/cosmo/giub.htm. In http://www.dismec.unige.it/testi/cosmo/sfera1.htm. si trovano altri analoghi tentativi di lettura di canti del Paradiso e un nostro saggio In lode di Dante. [7] L’edizione di riferimento è quella dei Classici Ricciardi Mondatori: Poeti del duecento, Volume II – Tomo II, Dolce stil Novo, a cura di Gianfranco Contini, Milano Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, pp. 460-64. [8] Il significato di vada con lei del verso 40 della seconda canzone del Convivio è diverso dall’imperativo vada con lei del verso 32 della canzone Donne ch’ avete intelletto d’amore della Vita Nuova. [9] FERRERO Giovanni, In Lode di Dante, Sapere astronomico pubblico e tradizione sapienziale nella data di morte di Beatrice, in Critica letteraria, Napoli, Loffredo Editore, vol.108, pp. 419-438. [10] Per giungere a questa data sulla base delle informazioni della seconda canzone e di quelle contenute nella Vita Nuova si deve procedere in questo modo. Il tempo della canzone si situa a (7-5),18,-20 mesi dal plenilunio della morte del Profeta, mentre tra la morte di Beatrice e quella del Profeta vi sono 658 anni pari a 8138.5 mesi lunari. Così dalla morte di Beatrice al tempo della seconda canzone vi sono 121.5 mesi lunari. Dividendo 121.5 per 53431 e moltiplicando per 4320 si ottiene l’intervallo in anni solari: 9 anni e 300.78 giorni. L’otto giugno corrisponde al giorno 158 dell’anno solare. Sommando i numeri parziali degli anni si ottiene 458.78 giorni che superano l’anno di 365.25 giorni di 93.53, corrispondente al 4 aprile (93.53 – 31 –29 – 30) del 1300 (1290+10). [11] Sull’analisi dell’affresco della conca absidale della basilica di Sant’Apollinare in Classe rimandiano a Giovanni Ferrero, IL SAPERE CRISTIANO RIMOSSO, Ricerche sul paradigma comunicativo nell’Occidente cristiano e nell’Oriente islamico, pp.75-104 in Atti del Congresso CE.I.S.LO 2001, Santa Maria La Vite – Olginate/Lecco, 1-2-3 Settembre 2001, Edizioni CE.I.S.LO. |
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