PARADISO XXII106-123LE GLORIOSE STELLE
Acquisite tutte le necessarie premesse di competenza e di riferimenti si può procedere alla lettura e all'analisi e alla interpretazione de seguenti versi:
Il poeta rivolgendosi al lettore, qui per l'ultima volta, sembra quasi voler sottolineare l'importanza che i versi hanno ai suoi occhi e se il suo testo esige sempre attenzione e multipli saperi e riferimenti, questa breve sezione richiede una maggior cura nella lettura. L'immagine apocalittica delle anime che seguono l'Agnello è qui sullo sfondo e il termine triunfo ricorre sei volte (Par. V,116;IX,120;XXII,107; XXIII,19; XXX,10; XXX,98) sempre con la medesima accezione. Le parole di Beatrice (Par. XXIII,19-21)
19 e Beatrice disse: Ecco le schiere Un sospiro e una speranza regge il costrutto ottativo ( S'io torni = possa io ritornare) dell'inizio. Però non ha rapporto immediato con la successiva correlazione tra la velocità con la quale il lettore avrebbe nel fuoco posto e ritirato il dito e quella maggiore ch'ebbe il poeta tra il veder una costellazione e trovarvisi dentro. A seguir quel trionfo sono chiamati tutti i cristiani dal momento del battesimo e solo i peccati , per i quali il poeta dichiara e confessa pentimento e contrizione, sono di impedimento. Passare da questo pensiero a quello subitaneo del segno che segue quello del Toro, cioè ai Gemelli è tipico dell'arte di Dante, come quando dalla memoria della visione di Dio passa subitamente come termine di confronto alla nave Argo (Par. XXXIII,94-96). In questo modo però siamo avvertiti che da quanto dirà in seguito sulle gloriose stelle dovrà risultare una qualche connessione con l'opera redentrice di Cristo. Se avesse voluto farci capire didatticamente che nacque con il sole nella costellazione dei Gemelli, come la maggior parte degli interpreti legge quei versi, il riferimento ai peccati, al rimorso e al pentimento per seguire il trionfo di Cristo, sarebbe del tutto slegato e non orienterebbe a cogliere il senso di quei sei versi. Innanzi tutto Dante impiega un termine tecnico dell'astronomia e dell'astrologia. Il termine segno. C'è infatti una differenza tra segno e costellazione. Con il primo si indica mediante i nomi delle costellazioni dello Zodiaco le longitudini del Sole, che si troverà nel segno dei Gemelli quando avrà la longitudine tra il sessantesimo grado e il novantesimo. All'origine del calcolo arcaico dei tempi invece il Sole si trovava all'equinozio di primavera nella costellazione dei Gemelli. Applicando però la convenzione astrologica, che lega i mesi dell'anno ai nomi delle costellazioni dello zodiaco, si dovrebbe dire che il sole era in Ariete. Senza questa premessa ben difficilmente si potrà cogliere il senso proprio di quei sei versi. Da ciò deriva che le gloriose stelle possono non essere quelle della costellazione (Castore e Polluce e m e h Gem. del To) ma altre, per le quali vi sono indizi per determinarle: sono forse quelle che stanno transitando al meridiano nell'ora della sua nascita. Invece l'espressione lume pregno di gran virtù , presa isolatamente può riferirsi sia ai sette astri che ad una stella. L'esame comparato di tutte le occorrenze di "lume" nella Divina Commedia mostra che esso è riferito una volta a Mercurio (Paradiso, V,95) e un'altra a Venere (Par. IX,33: per indicare l'influsso astrale su Fulquet, un poeta provenzale), e una volta a Giove (sesto lume Par. XX,17); mentre in Par. X,28-30 è riferito al sole il cui lume misura il tempo e contestualmente al verso 29 si afferma esplicitamente che il sole, come il maggior ministro della natura (v.28) , del valor del ciel lo mondo imprenta. Questo passo sembrerebbe decisivo per affermare che il lume pregno di gran virtù del verso 112 (XXII) sia il Sole e non un pianeta. Tuttavia questa lettura che sembra la più ovvia potrebbe non essere quella intesa da Dante perché solo in seguito, al verso 116, viene detto che con quelle stelle sorgeva e tramontava il Sole , padre d'ogni mortal vita. Considerando ancora isolatamente l'inciso qualcuno potrebbe sostenere che vi sia il riferimento a Mercurio, il cui influsso secondo la dottrina astrologica antica si estende alle attività commerciali o letterarie. Dante però parla di ingegno, qualcosa di connaturato con la nascita e non di un'attività o arte. Rimane che tale lume pregno sia una stella tra quelle gloriose e l'espressione è costruita non tanto pensando alla cultura semplicemente astrologica, ma al grande segno nel cielo della donna che grida per le doglie del parto di Apocalisse XII. Il senso allora di tutto il passo sarebbe il seguente: nel giorno in cui il sole al mattino sorgeva e alla sera tramontava con quelle stelle la cui longitudine li poneva nel segno dei Gemelli Dante cominciava a respirare l'aria della Toscana. Poiché c'è un terzo momento importante, oltre il sorgere e il tramontare, quello del transito al meridiano, dobbiamo pensare che al momento del primo respiro quelle gloriose stelle , tra le quali c'era il lume pregno di gran virtù transitavano al meridiano. L'analisi del contenuto dei versi non può andar oltre. Solo l'analisi della loro struttura permette di reperire quelle informazioni numeriche, che in base alla Cosmologia arcaica , ci portano a calcolare l'anno, il mese, il giorno e l'ora della nascita e di sapere la longitudine di quella stella che agli occhi di Dante assume una così grande importanza, nonché il tempo della sua nascita rispetto alla visione del triunfo di Cristo, con un allusione alla visione di Apocalisse, 14.
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